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Inchiesta La7: parla l’investigatrice


In esclusiva per le persone che ci seguono e che credono nel potere del nostro lavoro, abbiamo chiesto a Camilla, investigatrice sotto copertura, di rispondere ad alcune domande.

È lei che ha filmato le scene raccolte nella nostra ultima investigazione nell’allevamento di maiali in provincia di Brescia, di cui alcune immagini sono andate in onda su La7 proprio qualche settimana fa.

Grazie al suo coraggio e alla dedizione di tutto il team investigativo, abbiamo potuto raccogliere prove sufficienti per denunciare alle autorità gli ignobili maltrattamenti e l’incuria nei confronti degli animali di questo allevamento.

Sulla scia di questa investigazione, abbiamo inoltre lanciato una petizione per chiedere maggiori e più efficienti controlli negli allevamenti intensivi al neonato Governo italiano, e finora abbiamo raccolto oltre 30mila firme di cittadini che sono dalla nostra parte, dalla parte degli animali.

Ecco che cosa ci ha raccontato Camilla:

Com’è stato riprendere il tuo lavoro dopo lo stop imposto dal Covid?

Quando abbiamo potuto riprendere le indagini sul campo, il primo allevamento dove siamo tornati è stato proprio questo, che seguivamo da molto tempo.

Era un venerdì sera di settembre, e la campagna lombarda era praticamente deserta. Eravamo a pochi km di distanza dalle zone maggiormente colpite dal virus.

E ricordo di aver provato una sensazione di libertà. Ero finalmente libera di poter passare qualche momento in compagnia, fuori casa, e potevo tornare a fare quello che so fare meglio, cioè l’investigatrice.

Durante ogni investigazione indossiamo la mascherina, ma quel giorno d’estate la portavamo praticamente da 24 ore, tra il sudore, i moscerini e la polvere che si depositava ai lati.

Che cosa hai visto in questo allevamento di maiali?

Conoscevo già l’allevamento e la sofferenza che dovevano patire gli animali al suo interno, quindi sapevo che non mi sarei trovata di fronte un bello spettacolo nemmeno questa volta…

Ho visto molti maiali deceduti, alcuni senza più neanche i bulbi oculari, forse mangiati dai topi di cui l’allevamento era completamente infestato.

suino-malato

Ho visto suini abbandonati a loro stessi, incapaci di sollevarsi sulle zampe o di raggiungere gli abbeveratoi e le mangiatoie, costretti a terra tra le loro stesse feci e le urine stagnanti.

C’erano anche degli animali con profondi tagli sulle cosce, con l’osso e i muscoli visibili e con i lembi di carne viva anneriti dalla sporcizia e dal passare dei giorni senza cure.

C’è una scena in particolare che ti ha turbata quella notte? Vuoi raccontarcela?

Eravamo appena entrati nella stanza numero 5, quella in cui erano detenuti i maiali più giovani. Un suono lieve e metallico ha attirato la nostra attenzione; proveniva proprio dalle mangiatoie. 

Ho ancora impresso nella mente quello sguardo languido, gli occhi fissi su di noi, il pelo corto, e la pelle rosea. Un maialino di pochi mesi era incastrato all’interno di una delle mangiatoie, senza potersi muovere. Era immobile e ci guardava. Socchiudeva gli occhi e appoggiava la piccola testa per poi rialzarla lentamente al suono dei nostri passi.

suinetto-incastrato

Ci siamo subito attivati per tentare di liberarlo con i mezzi che avevamo. Abbiamo spostato la mangiatoia, l’abbiamo ribaltata, abbiamo cercato delicatamente di aiutare il cucciolo a uscire, ma dopo diversi tentativi ci siamo dovuti arrendere.

In quel preciso momento, volevo essere di nuovo a casa, nel luogo da cui durante tutti quei mesi di reclusione avevo solo desiderato di poter evadere.

Mentre io desideravo andarmene e tornare a casa mia, lontana da quell’ingiustizia a cui non potevamo porre rimedio, quella stessa stanza, la numero 5, sporca, senza luce e senza acqua né cibo sano, era l’unica “casa” che quel cucciolo avesse mai conosciuto.

Persino in un momento difficile sotto molti punti di vista come quello che il Mondo sta attraversando, mi auguro che rimanga un piccolo spazio per soffermarci su quanto doloroso possa essere dover vivere tutta la propria esistenza in un luogo che non è mai “casa”. 

C’è qualcosa che vuoi dire a tutte le persone che ti ammirano e che sostengono il lavoro di Animal Equality?

La storia del maialino incastrato nella mangiatoia è anche la storia di tutte le altre vittime di un’industria che lucra sulla mercificazione della vita.

E a tutte le persone che seguono il nostro lavoro in difesa degli animali dico semplicemente: grazie di cuore per esserci.

Non smettete di farci sentire il vostro supporto, ne abbiamo davvero bisogno perché non smetteremo mai di lottare per costruire un mondo migliore.

Credo che il lavoro investigativo sia indispensabile per svelare la realtà nascosta dall’industria alimentare, per questo spero di avere la possibilità di continuare a farlo.

E la realizzazione di questa investigazione, la collaborazione con La7 che ha portato le immagini dell’inchiesta nelle case di centinaia di migliaia di spettatori, la denuncia legale con cui vogliamo fare giustizia per questi animali nelle aule di tribunale, e la petizione indirizzata al Governo per richiedere maggiori controlli negli allevamenti intensivi di tutto il Paese non sarebbero mai state possibili senza il supporto di chi crede in noi.

La mia stima va a chi, anche in momenti duri come questo, non si dimentica dei più indifesi tra gli indifesi.

Avete un cuore grande, e spero che ci darete anche oggi la vostra fiducia, per poter continuare a combattere insieme la più grande tra le ingiustizie.

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