La Cina vuole trasformare l’Argentina in un maxi-allevamento intensivo di maiali?
Ma in Argentina scattano già le proteste e una raccolta firme per fermare le costruzioni
Nelle ultime settimane è stata lanciata in Argentina una campagna sostenuta da giornalisti, attivisti, artisti e avvocati per fermare la costruzione di nuovi allevamenti intensivi di maiali nel Paese, enormi strutture che produrrebbero 9 milioni di tonnellate di carne di maiale destinate al mercato cinese.
Il lancio della campagna è avvenuto dopo l’annuncio di un accordo tra Argentina e Cina in cui si parla di un “collegamento strategico” tra i due paesi sia a livello commerciale sia a livello di investimenti.
La reazione immediata a questa preoccupante situazione è condensata nel comunicato della coalizione argentina, dal titolo «Non vogliamo diventare una fabbrica di maiali per la Cina, né una fabbrica per nuove pandemie» e che in poche ore ha raccolto migliaia di firme.
La denuncia presentata nella petizione specifica che questo progetto comporterebbe enormi rischi per la salute pubblica ed “elevate conseguenze sociali, sanitarie e ambientali” sull’intero territorio.
Nella petizione gli attivisti argentini fanno anche riferimento a una comunicazione tra il Ministro degli Affari Esteri, Felipe Solá, e il Direttore del Ministero del Commercio della Repubblica popolare cinese ZhongShan, che recita così: «L’Argentina potrebbe produrre nove milioni di tonnellate di carne suina di alta qualità e darebbe alla Cina assoluta sicurezza di approvvigionamento per molti anni. L’Associazione cinese per la promozione industriale e l’Associazione argentina dei produttori di carne suina hanno già raggiunto un accordo su questo progetto».
«Così, invece di fornire la soia per nutrire i maiali allevati in Cina, l’Argentina produrrebbe direttamente gli animali. Con tutto quello che implica il sistema dell’allevamento intensivo: zoonosi di ogni tipo e resistenza batterica agli antibiotici. 800 mila persone muoiono ogni anno per questo. Senza contare anche l’inquinamento ambientale, dell’aria e dell’acqua e a tutte le conseguenze drammatiche di un modello agroindustriale che abbiamo denunciato ovunque»
Marcos Ezequiel Filardi – Avvocato per i diritti umani e la sovranità alimentare
La peste suina dall’Asia all’America
Uno degli altri punti principali della campagna contro questo accordo è quello della crisi cinese dovuta alla peste suina africana in Cina.
«Ha già causato l’abbattimento di 180-250 milioni di maiali cinesi per prevenire la diffusione del virus e si stima che eradicare questa malattia potrebbe richiedere più di 10 anni. Si è trattato di un vero e proprio massacro con metodi estremamente crudeli come bruciarli o seppellirli vivi, e ciò ha ridotto la produzione tra il 20 e il 50%».
L’accordo prevede anche la creazione di enormi macelli di maiali esclusivamente per soddisfare gli interessi economici e politici della Cina. «Al di là del contesto della crisi climatica, ambientale, sociale, economica e del contesto della pandemia, è riprovevole uccidere 100.000.000 di maiali come ucciderne uno solo. Ogni vita è importante ed è per questo che l’educazione ai diritti degli animali è fondamentale», ha dichiarato l’organizzazione per la difesa degli animali Animal Libre, tra i promotori della campagna contro i nuovi allevamenti.
Usando l’hashtag #bastadesolucionesfalsas migliaia di persone hanno mostrato la loro opposizione a questo accordo e sul sito Change.org circolano diverse petizioni che chiedono che lo Stato argentino interrompa l’accordo. Uno di loro, intitolato “No alla proposta cinese di diventare i suoi produttori di maiali e nuove pandemie”, ha già raccolto più di 100mila firme.
Il lavoro di Animal Equality in America Latina
Animal Equality opera da diversi anni in America Latina, con uffici in Brasile e in Messico.
Uno dei problemi più grandi collegato proprio al consumo di carne è quello della deforestazione in Amazzonia, documentato dagli investigatori di Animal Equality.
Guarda la nostra inchiesta in Amazzonia
Il nostro team investigativo è stato in Brasile per documentare la deforestazione dell’Amazzonia e le connessioni con gli allevamenti intensivi.
Tra gennaio e agosto del 2019, più di 5.950 chilometri quadrati di foresta pluviale sono stati rasi al suolo: gli incendi vengono appiccati per aprire nuovi pascoli destinati all’allevamento di bovini, e per guadagnare nuovi terreni per la coltivazione di soia destinata agli allevamenti del Brasile, ma anche di Asia ed Europa.
Il destino della foresta pluviale è legato a doppio filo al nostro stile di vita alimentare e gli incendi sono purtroppo ancora in corso.
Se vuoi agire anche tu per mettere fine a tutto questo, c’è un modo semplice ed efficace, che ciascuno di noi può mettere in atto ogni giorno. Scegliere di tenere la sofferenza degli animali fuori dal nostro piatto ha un effetto benefico sulla nostra salute, sull’ambiente e su di loro.
E se vuoi saperne di più, visita il nostro sito dedicato all’alimentazione 100% a base vegetale, Love Veg! Qui troverai consigli, spunti e idee per cambiare piano piano o velocemente – ogni passo nella giusta direzione ha valore – la tua alimentazione.