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Crisi Idrica e siccità in Nord Italia: per fermarle serve smettere di produrre e consumare così tanta carne


Come può una dieta a base vegetale contribuire ad affrontare in maniera più efficace la crisi idrica che il Nord Italia sta scontando in queste settimane?

Hanno fatto il giro del mondo le immagini del fiume Po in secca ridotto a un terreno arido e polveroso a causa della grave siccità e dei picchi di calore in corso nel Nord Italia. Dal Piemonte all’Emilia-Romagna, lo stato di emergenza idrica si è intensificato nel giro di poche settimane minando la salute dell’ecosistema e della biodiversità su tutto il territorio padano.

Contains modified Copernicus Sentinel data (2020-22), processed by ESA, CC BY-SA 3.0 IGO

Mentre i ghiacciai si sciolgono e l’acqua salata risale l’alveo del Po come mai era accaduto prima nella storia del fiume, l’assenza di piogge spinge ancora una volta ad interrogarsi su come agire per contrastare gli effetti devastanti del cambiamento climatico. Tra le soluzioni per affrontare la crisi idrica e ridurre l’utilizzo di acqua su larga scala, anche le scelte alimentari dei consumatori contano parecchio. E contano ancora di più in un contesto di crisi mangimistica internazionale come quella in corso inasprita dalla crisi geopolitica attuale, che mette in luce le debolezze del sistema dell’allevamento intensivo così legato a quelle colture intensive di soia e mais che ora scarseggiano e finiscono per essere oggetto di speculazioni che creano poi crisi alimentari nei paesi più fragili, colpiti da un’inflazione devastante.

Come messo in luce dalla Water Footprint Network, un’organizzazione internazionale che coinvolge aziende, associazioni e singoli individui con l’obiettivo di “risolvere le crisi idriche mondiali promuovendo un uso equo e intelligente dell’acqua”, la produzione di carne ha un’impronta idrica molto elevata e consuma molta più acqua rispetto a quella necessaria per la produzione di alimenti vegetali.

Secondo i dati della Water Footprint Network la filiera produttiva che permette a un solo chilo di carne di bovino di arrivare tra gli scaffali del supermercato richiede oltre 15.400 litri di acqua. Per un chilo di mele, invece, ne bastano 822, ancora meno per un chilo di pomodori: circa 214.

Oltre ad essere responsabile del 15% delle emissioni totali di gas serra di origine antropica (cioè emessa da attività umane), l’industria della carne concorre dunque in modo attivo all’attuale desertificazione in corso delle riserve idriche italiane, consumando grandi quantità d’acqua.

L’impronta idrica della produzione di carne bovina risulta essere quella più impattante dell’intera industria della carne. Secondo uno studio condotto dall’Università olandese di Twente tra il 1995 e il 2005, infatti, l’impronta idrica globale per la produzione di carne bovina si attestava a circa 800 miliardi di metri cubi l’anno. Un chilo di carne di pecora esige tuttavia 10.400 litri d’acqua, che diventano 6.000 litri per un chilo di carne di maiale, 5.500 per un chilo di carne di capra e 4.300 per un chilo di carne di pollo. Anche il burro richiede molta acqua per essere prodotto: 5.553 litri per un singolo chilo di prodotto.

Se la crisi idrica e il cambiamento climatico si fondono alla crisi energetica, un nuovo studio pubblicato sulla rivista Nature propone di affrontare le sfide complesse in modo interconnesso. Una delle soluzioni proposte per ridurre la domanda di energia e l’impatto climatico potrebbe essere proprio quella di ridurre strategicamente la produzione di proteine animali risalendo a monte della filiera produttiva e partendo cioè dalla riduzione dei mangimi. 

Nature mette infatti in luce come i foraggi rappresentino più della metà della produzione agricola negli Stati Uniti e nell’Unione europea e più di un terzo a livello globale. Tuttavia, solo il 12% delle calorie contenute nei mangimi viene trasformato in calorie per l’alimentazione umana, mentre il resto serve a nutrire gli animali allevati. Ridurre il numero di animali allevati per la produzione alimentare ridurrebbe in questo caso non solo le emissioni di acqua richieste dal settore mangimistico, afferma lo studio, ma anche quelle di gas serra.

Il mondo si trova di fronte a una crisi climatica, alimentare ed energetica che può incutere timore per la drammaticità della sua portata, tuttavia proprio la complessità dei problemi attuali richiede ora più che mai scelte ambiziose tanto da parte delle istituzioni quanto dei cittadini. Compiere scelte alimentari responsabili, come adottare una dieta a base vegetale è una di queste.

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