Mucche in un allevamento intensivo

LAVORARE IN UN MACELLO: L’INTERVISTA A UN EX DIPENDENTE PENTITO


ALCOL E DROGA PER SOPPORTARE IL DOLORE: LA DENUNCIA CHOC

C’è chi per anni lavora nei macelli fino ad arrivare a non farcela più. È il caso di Mauricio Garcia Pereira, che ha lavorato per 7 lunghi anni al macello pubblico di Limoges, il più grande della Francia.

Mauricio García Pereira è un ex dipendente che ha avuto la forza di denunciare il degrado, la sofferenza psichica dei lavoratori e le violenze sistematiche sugli animali nei macelli.

Dopo anni di sofferenza e sopportazione ha preso la coraggiosa decisione di registrare con una telecamera nascosta ciò che accadeva davanti ai suoi occhi: il suo caso fece scandalo.

Come ha raccontato in un’intervista esclusiva ad Animal Equality, nei macelli industriali i dipendenti ricorrono spesso all’uso di alcol e droghe per poter sopportare il dolore e l’immensa sofferenza ai quali sono quotidianamente esposti.

Mauricio García Pereira è l’esempio di come la consapevolezza e il seme del cambiamento possano nascere in ognuno di noi, anche vivendo le situazioni più estreme.

Il suo coraggioso atto di ribellione rimarrà nella storia e sarà utile per smuovere le coscienze delle persone e dare voce a tutti gli animali che, nei macelli di tutto il mondo, subiscono le indicibili violenze alle quali lui stesso ha assistito e che ha avuto la forza di denunciare.

L’INTERVISTA COMPLETA

Mauricio Garcia Pereira, come sei arrivato a lavorare in un macello?

Ho dovuto accettare il posto di lavoro a 40 anni, poiché erano 3 anni che ero disoccupato, non avevo un lavoro fisso ed ero separato, facevo solo lavori temporanei e c’erano mesi in cui non riuscivo nemmeno a pagare gli alimenti alla mia ex moglie e dovevo chiedere aiuto a mia madre per farlo.

Alla fine ho trovato questo lavoro a tempo indeterminato nell’impianto di macellazione di Limoges, per me allora avere un lavoro fisso era di fondamentale importanza, la paga era molto buona e quindi ho accettato. Così nel 2010 ho iniziato a lavorare nel macello. 

Bovino trasportato vivo verso il macello

Cosa ti ha impressionato di più quando hai iniziato?

La cosa più impressionante, all’inizio, è stato vedere come fosse un lavoro a livello industriale, come se fosse una catena di montaggio di una fabbrica, ma che uccide gli animali.

Dal momento in cui si stordisce l’animale, fino al momento in cui arriva alla cella frigorifera ci sono 25 postazioni di lavoro intermedie, più di 30 persone che lavorano e ognuno fa la propria parte, proprio come una catena di montaggio.

All’inizio ti fanno fare i lavori più semplici, sei il nuovo arrivato e non hai una formazione, ti assegnano un posto nella catena per osservare il lavoro. 

Macelli

Se non capisci qualcosa, chiedi. All’inizio osservi solamente. Io ho iniziato nella parte “più facile” (se la compari con le altre, perché nessuna mansione lo è davvero) della catena: aspirare il midollo spinale degli animali.

In cosa consiste?

Allora la catena si divide in due:

  1. La “zona sporca”, dove l’animale arriva, viene ucciso e poi viene trattato con ancora la pelle, è dove è ancora intero.
  2. La “zona pulita”, dal momento in cui si rimuove la pelle e ci sono solo i muscoli, e vengono tagliati la testa e le zampe. In questa fase bisogna fare attenzione a non contaminare la carne. 

Io lavoravo nella zona pulita: avevo il compito di inserire un tubo di plastica nel collo dell’animale che aspira il midollo.

Dovevo farlo su 35 mucche all’ora, per farti capire la velocità della catena di montaggio. Hai un minuto e mezzo per aspirare il midollo del singolo animale. Finisci con uno, suona l’allarme e inizi con quello dopo.

Cavallo in un macello spagnolo

Nella “zona sporca”, dove l’animale perde la vita, gli animali sanno che stanno per morire? Hai visto il terrore nei loro occhi?

Sì, certo, hanno paura, sono esseri sensibili, provano emozioni. Si vede già da quando arrivano i camion, come se sentissero dall’odore, perché hanno una sensibilità olfattiva. Non vogliono nemmeno scendere quando arrivano.

Ci sono sempre 3-4 impiegati che con il pungolo elettrico colpiscono gli animali nelle parti intime o nel retto per farli scendere, o li tirano dalla coda. 

Alcuni animali spaventati non vogliono né scendere né avanzare. Nel macello dove lavoravo venivano uccisi mucche e vitelli e una volta separati li sentivi tutta la mattina che si chiamavano l’un l’altro.

Per questo i primi a essere uccisi (alle 5 del mattino) sono i vitelli, per far sì che smettano di chiamare le madri. Li senti comunque anche se hai le cuffie insonorizzanti e ci sono i rumori dei macchinari e sono dall’altra parte dell’impianto.

Se facessero vedere questo nelle pubblicità il consumo di carne calerebbe… immagino che per te sia stato tremendo ascoltare tutto ciò.

Infatti io non ho mai voluto lavorare nella “zona sporca”, far scendere gli animali, mandarli nel corridoio della morte, fino al “box”. Ho sempre lavorato nell’ultima parte della catena.

Piuttosto avrei preferito lavorare nella “budelleria” [Dove si tolgono budella e organi interni] dove sei a contatto con le budella e deiezioni tutto il giorno.

A mezzo chilometro senti già l’odore, è davvero terribile, ma preferisco stare nei bassifondi, nella merda, piuttosto che scaricare gli animali e vederli nel braccio della morte.

A causa dell’esperienza brutale e traumatica, molte persone che lavorano dentro ai macelli consumano alcol e droga per dimenticare ciò che succede. È vero?

Certo, è una delle prime cose che mi ha scioccato. Quando sono arrivato il primo giorno, quando ti assegnano il posto vedi chi è il responsabile di produzione, braccio destro del direttore, vai nel suo ufficio e lui aveva dietro di sé un armadio, sopra l’armadio bottiglie vuote di whisky, come se fossero trofei.

Ho scoperto poi che tutti i venerdì prendevano l’aperitivo per fare il briefing di tutta la settimana, i massimi responsabili (5 persone) si riuniscono e bevono whisky. 

Ricorrono all’alcol, ma ho visto anche un grande consumo di cannabis e io stesso, l’ho ammesso nel libro, ho assunto cocaina che avevano portato i colleghi, per dimenticare e sopportare il dolore. Io so cosa significa avere animali, sono cresciuto in una fattoria e sono cresciuto con l’amore per questi animali, quando vedi cosa gli succede negli impianti di macellazione è un cambiamento radicale. 

Nel tuo libro dici che sei stato testimone di come è stata uccisa una mucca che era incinta, quasi pronta a partorire… e poi hai trovato il feto di un vitellino e questa cosa ti è arrivata al cuore tanto che lo hai denunciato al direttore e poi hai scoperto che era una cosa considerata normale.

Pensavo fosse un errore, che fosse saltato un controllo. Vicino alla mia postazione di lavoro c’era la sezione in cui si estraggono le interiora. Le mucche incinte le ammazzano nell’ultima mezz’ora di lavoro, sono le ultime che vengono uccise e questo viene fatto volutamente.

A volte vedevo al lato dello stomaco una borsa rossa, che poi ho capito essere la placenta. Un giorno il mio collega ha per sbaglio aperto “la borsa rossa” e ho visto una zampa del vitello e ho capito che era incinta. Io non potevo dire niente, facevo il mio lavoro e basta.

Solo dopo vari mesi, quando ho firmato il contratto a tempo indeterminato, un’estate mi mandarono nella “tripperia” e lì mi sono reso conto che, alla fine della giornata, insieme agli intestini c’erano anche placenta e feti, molti sono piccolissimi, quindi a volte il feto è della dimensione della tua mano o poco più.

Altre volte invece no, erano pronti a nascere. Io ho dovuto gettarli insieme al resto dei rifiuti. Quindi ne ho parlato, e mi hanno detto che funziona così.

Questo accadeva normalmente? Era una pratica utilizzata a quale scopo?

Si tratta di una pratica comune per evitare che il prezzo della carne aumenti e per far ingrassare più facilmente le mucche, se sono incinte arrivano al peso di macellazione più in fretta.

Le mucche incinte vengono di solito macellate all’ultimo minuto, prima della chiusura, perché sono più docili e perché i feti, spesso già molto grandi, riempiono i contenitori di smaltimento molto rapidamente.

Sei un esempio per altri lavoratori che si trovano ora nella posizione in cui ti sei trovato tu, che pensano “cosa posso fare, quello che vedo mi terrorizza, non posso continuare e voglio denunciare”. Raccontaci come è andata, come ti sei organizzato, cosa è successo quando la notizia è uscita, la tua denuncia è stata resa pubblica? 

Nel 2016 ho denunciato pubblicamente, avrei voluto farlo prima, già dal 2014. Avevo già fatto foto con il cellulare, foto di vitelli pronti a nascere in mezzo ai rifiuti. Come fai a chiamare spazzatura un vitello pronto a nascere? Volevo denunciarlo già all’epoca.

Durante quasi un anno ho fatto domande a clienti, servizi veterinari, piccoli allevatori: perché stanno facendo così? Non è normale, perché succede questo in modo sistematico? 

Volevo denunciare tutto il sistema, non solo il fatto della macellazione di mucche incinte. Nel 2015 non avevo alcun appoggio, avevo chiesto ad alcuni amici e mi avevano detto che “funziona così, è schifoso ma è così e ci sono cose più importanti”.

Anche la mia famiglia mi ha detto: “se non reggi dai le dimissioni e cerca altro”. Ma io non volevo, dovevo denunciarli. Inoltre, in quasi 7 anni lì, ho visto che erano frequenti: incidenti sul lavoro, malattie fisiche dovute proprio al lavoro (tendinite, dolori alla schiena, cervicale) e problemi psicologici, era tutto all’ordine del giorno.

Ho scoperto l’organizzazione L214 alla tv perché avevano filmato in un impianto di macellazione denunciando le irregolarità, e questo mi ha sorpreso. La presentatrice aveva detto che c’erano immagini forti.

Ma io quando ho visto le immagini quasi mi sono messo a ridere: questo vi sembra duro? Violenze come calci agli animali per farli muovere, lanciare gli agnelli per farli muovere… ho pensato, questo è duro?! Allora li ho contattati e mi hanno dato una telecamera per filmare quello che succedeva.

La denuncia è poi uscita sui giornali, in tv, ha avuto un grandissimo impatto sui media e sulle persone, e poi mi hanno proposto di scrivere un’autobiografia… L’editore mi ha detto: sei una persona ordinaria che ha fatto qualcosa di straordinario e voglio raccontare la tua vita.

Senza il tuo lavoro, il tuo coraggio, quello che accade all’interno del macello in cui lavoravi non sarebbe mai stato portato alla luce. 

In quei posti non possono entrare occhi esterni, ma un altro problema è che non c’è supervisione per accertarsi che vengano rispettate almeno le norme minime di benessere animale europee, e se ci sono ispezioni spesso i macelli vengono avvisati prima.

Tu che ci hai lavorato puoi dirci se è vero? Ci sono ispezioni? È permesso a tutti entrare o come funziona esattamente?

Così diceva un ex ministro dell’agricoltura francese. Non può entrare chiunque, solo se sei una persona interessata a lavorare in quel campo, ma deve essere comunque supervisionato. Non puoi entrare e vedere quello che vuoi in ogni caso, ti mostrano solo quello che vogliono.

Per quanto riguarda i servizi veterinari: hanno una regolamentazione insufficiente, controllano solo che le cose vadano bene per permettere il consumo da parte degli esseri umani, ma per il resto non c’è controllo.

Non c’è per il carico degli animali negli allevamenti e non c’è nemmeno quando arrivano nei mattatoi per farli scendere. Ci sono animali che arrivano ma non dovrebbero neppure essere lì. 

Io ho visto animali nel corridoio della morte che non riuscivano nemmeno ad alzarsi, e se gli animali non riescono ad alzarsi li colpiscono, li tirano. Mettevamo una corda intorno alle corna dell’animale e in 20 lo tiravamo, lo tiravamo per portarlo fino al box in cui veniva ucciso. 

Io ho ancora gli incubi, sento ancora le loro grida, rivedo i vitellini gettati nella spazzatura, rivedo gli animali appesi.

I NOSTRI INFILTRATI NELL’INDUSTRIA DELLA CARNE

I macelli sono luoghi dove è difficilissimo entrare e dove anche gli stessi dipendenti non sono liberi di poter accedere a ogni area.

Gli investigatori sotto copertura di Animal Equality rischiano tutto in prima persona per entrare in quei luoghi a porte chiuse e raccogliere le prove di ciò che avviene davvero lì dentro.

Le scene viste e riprese all’interno dei macelli sono fra le peggiori che un investigatore possa mai trovarsi di fronte.

È un lavoro duro, non solo dal punto di vista fisico, ma soprattutto dal punto di vista psicologico.

Gli investigatori scelgono consapevolmente di esporsi a tutta questa violenza per puntare i riflettori su quello che l’industria vuole tenerti nascosto, perché mostrare l’orrore dei macelli sarebbe estremamente sconveniente per i loro profitti.

Sean, il Direttore Internazionale delle investigazioni di Animal Equality, in un’intervista al Corriere della Sera, ha raccontato la sua esperienza come investigatore sotto copertura in diversi macelli statunitensi. Guarda la sua intervista.

DAI VOCE AGLI ANIMALI

Senza il tuo aiuto, milioni di animali continueranno a soffrire e morire nell’indifferenza di tutti.

Dobbiamo rimanere uniti per combattere la crudeltà dei macelli e mostrare al mondo quello che l’industria non vuole mostrare: solo con il tuo supporto possiamo dare una speranza di vita migliore agli animali.

Mauricio Garcia Pereira è stato la voce di chi non ce l’ha, ha avuto il coraggio di denunciare dopo anni di lavoro in un macello. Sarebbe stato più facile per lui lasciare il lavoro, stare in silenzio e andarsene. Ma la sua determinazione e il suo coraggio hanno permesso di rendere pubblica la verità. 

La verità rimane l’arma più forte a nostra disposizione: solo attraverso il lavoro investigativo possiamo continuare a portare alla luce cosa si nasconde dietro alle porte chiuse di allevamenti e macelli, altrimenti l’unica voce in campo rimarrebbe quella dell’industria della carne.

Continueremo a entrare nei macelli con le nostre camere per riprendere la verità e smascherare la crudeltà di questi luoghi con nuove prove. Per poter continuare a fare tutto questo, mantenendo la libertà d’azione che serve per portare a termine un compito del genere, abbiamo bisogno anche del tuo aiuto. 

Supporta chi combatte ogni giorno in prima linea per gli animali.


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