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Peste suina africana: dai maiali di Cuori liberi a quelli negli allevamenti migliaia di animali pagano per scelte politiche e dell’industria


La peste suina sta provocando migliaia di morti tra i maiali allevati in Italia, ma proprio i tentativi di fermare la sua diffusione finora hanno fallito. A rimetterci più di tutti, come mostra l’ultimo servizio su Report di Giulia Innocenzi, sono sempre gli animali

A fine settembre i maiali soppressi in Lombardia per prevenire il contagio della peste suina africana erano circa 34.000. In presenza di 9 focolai, l’Unione europea ha deciso di vietare la movimentazione dei maiali in 172 Comuni della provincia di Pavia. È proprio in questi luoghi che si sviluppa il servizio di Report curato da Giulia Innocenzi e andato in onda domenica 5 novembre su Rai 3. 

Come si diffonde la peste suina 

Attraverso immagini esclusive fornite dall’organizzazione Last Chance for Animals Europe e il confronto con esperti, il programma tv denuncia la gestione finora inadeguata nei confronti dell’epidemia da parte delle autorità e delle aziende, in particolare nei luoghi dove l’epidemia ha avuto il suo epicentro. 

Da sola, la Lombardia alleva metà dei maiali allevati complessivamente in Italia, ma le immagini raccolte negli stabilimenti infetti del pavese mostrano situazioni di incuria e di degrado estreme che costituiscono un rischio per la biosicurezza.

Il virus della peste suina non ha al momento né cure né vaccini e questo provoca la condanna a morte in interi allevamenti, quando anche solo un maiale risulta contagiato. Il primo caso di maiali affetti da peste suina in Lombardia è stato documentato in un agriturismo a gestione familiare: tutti i 160 maiali sono stati abbattuti, nonostante la tempestività dell’intervento dei veterinari. 

In seguito, un secondo focolaio è stato individuato in un allevamento intensivo del pavese. Nonostante qui fossero morti già diversi animali, per non subire perdite economiche l’allevatore aveva deciso di non segnalare il problema e di inviare comunque 400 maiali potenzialmente malati a macelli in Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. 

Eppure, come afferma Sigfrido Ranucci, conduttore di Report, il virus della peste suina è estremamente resistente: dopo la macellazione dell’animale può sopravvivere oltre a un anno anche nelle carni cotte e, seppur non pericoloso per l’essere umano, può continuare a favorire la diffusione della malattia. Proprio per questo motivo, Paesi come il Giappone e la Corea del Sud hanno vietato l’importazione della carne di maiale dall’Italia.

Gli abusi sui maiali uccisi tramite gas

Per contenere l’espansione del virus, ditte specializzate si occupano di abbattere i maiali al fine di contenere il virus. In Italia, secondo quanto documentato dal servizio di Report, la procedura di uccisione tramite “gassatura” dei maiali costa ogni giorno 100.000 euro di soldi pubblici.

In Lombardia, la ditta olandese Tcc che si occupa di abbattere gli animali per asfissia tramite l’uso di CO2, su richiesta del veterinario incaricato dalle Ats (ovvero le agenzie di Tutela della Salute che lavorano sul territorio regionale), ha finora abbattuto 40.000 maiali. Le immagini raccolte dall’organizzazione Last Chance for Animals Europe trasmesse nel servizio documentano l’intervento degli operatori della Tcc presso l’allevamento di Zinasco, nel pavese, secondo modalità che violano i diritti degli animali. 

Immagini di Last Chance for Animals Europe

Nel servizio si osserva che i maiali vengono costretti a salire in un container per essere sottoposti alla procedura di soffocamento tramite gas, ma alcuni di loro non sono in grado di muoversi, probabilmente a causa della malattia, che li rende incapaci di deambulare e di alimentarsi correttamente. Così vengono presi violentemente a calci dagli operatori, che cercano di spingerli a rotolare sulle rampe. Secondo l’amministratore delegato della Tcc contattato da Giulia Innocenzi, i maiali non sarebbero riusciti a muoversi solo perché “grassi e pigri”.

Nelle riprese compare anche il veterinario dell’Ats incaricato di supervisionare sul posto le operazioni di abbattimento: una volta uscito dall’allevamento, quest’ultimo continua a indossare la tuta protettiva, potenzialmente infetta, che andrebbe invece subito buttata per evitare la circolazione del virus.

Immagini di Last Chance for Animals Europe

I maiali uccisi tramite scossa elettrica non soffrono di meno

Situazioni di gravi abusi nei confronti degli animali destinati all’abbattimento sono state documentate anche nei pressi dell’allevamento lombardo di Pieve del Cairo. Le immagini di Last Chance for Animals mostrano scrofe picchiate con violenza sul muso con bastoni e infilzate ripetutamente con punteruoli nelle fasi di spostamento, ma anche prese a calci in situazioni che non richiedevano di allontanare gli animali. Questi abusi sono avvenuti nonostante la presenza del veterinario dell’Ats, che avrebbe dovuto impedire qualsiasi situazione di maltrattamento. 

Immagini di Last Chance for Animals Europe

Nell’allevamento di Pieve del Cairo i maiali sono stati uccisi tramite elettrocuzioni da una ditta italiana, per scelta del proprietario, che alle telecamere di Report dice di preferire questa soluzione perché riduce la sofferenza degli animali, anche se l’elettrocuzione non dovrebbe essere operata su allevamenti di grandi numeri. Le immagini mostrano tuttavia il fumo che proviene dagli animali quando gli elettrodi non sono posizionati sulle tempie degli animali, ma su altre parti del corpo, provocando ustioni e sofferenza prolungata dei maiali. 

Secondo Giulia Innocenzi la scelta di abbattere gli animali tramite elettrocuzione, anziché gasatura, potrebbe però essere dovuta ai maggiori costi che quest’ultima procedura richiede agli allevatori. Il riferimento è a quanto dichiarato dal veterinario dell’Ats di Pavia citato in precedenza, che parla appunto di un costo pari a 100.000 euro al giorno.

Anche in questo caso, la biosicurezza non sembra essere davvero una priorità. Il servizio rivela infatti che le carcasse degli animali abbattuti, potenzialmente infette, sono rimaste nel container aperto presso lo stesso allevamento per tutta la notte, rappresentando una grave condizione di rischio per la proliferazione della peste suina.

Lo scarso riguardo nei confronti degli animali rispetto all’interesse dell’industria è emerso in tutta la sua drammaticità anche in occasione delle uccisioni dei maiali ospiti del rifugio Cuori Liberi. Come riportato anche dal servizio di Report, il 20 settembre le forze di polizia sono entrate nel santuario e hanno sgomberato con violenza gli attivisti che protestavano per evitare l’abbattimento, poi i veterinari hanno ucciso tutti i maiali presenti e gettato i loro corpi come rifiuti.

Gli allevamenti multi-piano della Cina non sono la soluzione

In Cina, dove nel 2018 sono stati uccisi 200 milioni di maiali a fronte di una grande epidemia di peste suina, la soluzione individuata dal governo è stata quella di incentivare i maxi allevamenti con l’obiettivo di contenere i rischi di contagio e favorire la sicurezza alimentare. 

In questi palazzi a 6 piani sono stipati fino a 2 milioni di maiali ogni anno, tra scrofe in gabbia e maiali allevati per l’ingrasso. Secondo l’addetta alle delegazioni dell’azienda Muyan Foods intervistata da Giulia Innocenzi, gli allevamenti intensivi di questo tipo sono contraddistinti da standard di biosicurezza molto elevati. Per esempio, i dipendenti sono tenuti a vivere sempre all’interno dello stesso allevamento (fatta eccezione per 4 giorni di riposo al mese) e solo i loro figli possano uscire per andare a scuola.

Anche in questo caso, gli allevamenti intensivi non tengono affatto in considerazione la sofferenza degli animali. Tenuti reclusi per tutta la loro vita e privati del contatto con l’aria fresca e con la luce naturale, questi maiali sono ancora una volta sfruttati senza tutele e rispetto.

Come Animal Equality pensiamo che una soluzione reale per ridurre la diffusione di malattie tra gli animali, che pagano sempre il prezzo più alto di un sistema alimentare basato sul loro sfruttamento estremo, esista: incentivare la produzione di proteine vegetali è fondamentale per ridurre la sofferenza dei maiali e di tutti gli animali allevati per la loro carne. 

Tu puoi iniziare dal tuo piatto: scegliere un’alimentazione vegetale è il primo passo per smettere di finanziare un’industria che tratta gli animali come merci.

SCEGLI LA COMPASSIONE

I maiali sono animali incredibili: socievoli e intelligenti.. anche più del tuo cane!

Nell’industria alimentare però vengono sfruttati e condannati a vivere una vita di sofferenze prima di arrivare al macello.

Tu puoi scegliere di stare dalla loro parte: scegli un’alimentazione 100% vegetale e tieni la loro sofferenza fuori dal tuo piatto.


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