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YULIN: IL NOSTRO DISCORSO AL SENATO


Martedì 21 giugno 2022 Alice Trombetta, Direttrice Esecutiva di Animal Equality Italia, è stata invitata al Senato della Repubblica italiana per parlare del Festival di Yulin, del consumo della carne di cane nei paesi asiatici e di tutto il lavoro che la nostra organizzazione ha fatto in Cina.

IL DISCORSO COMPLETO

Come molti di voi sapranno, le inchieste sono il cuore del lavoro di Animal Equality, nonché il punto di partenza di quasi ogni nostra iniziativa. Questo perché crediamo che siano uno strumento di verità indispensabile alla creazione di cambiamenti reali e duraturi nella nostra società.

Per Animal Equality, il doloroso percorso investigativo sul commercio di carne di cane è cominciato ormai dieci anni fa, con un’indagine condotta nel Sud e nell’Est della Cina. 

Sono bastate poche immagini sul web per convincere il nostro team ad acquistare un biglietto per la Cina e trascorrere lì tre settimane per documentare con più accuratezza possibile ciò che accade realmente nei macelli e nei mercati.

Arrivati a Zhanjiang, non è stato difficile identificare i primi macelli clandestini. All’epoca non esisteva la vasta sensibilizzazione sul tema che c’è ora, le persone del posto erano meno diffidenti, il che ci ha dato modo di guadagnare la fiducia di alcuni macellai. Il tutto, ovviamente, sotto mentite spoglie: ci siamo infatti detti interessati a fare affari con loro, con la promessa di un grande guadagno per tutti. 

Così, hanno acconsentito a farci visitare la struttura, tra cui la zona lurida e fatiscente in cui gli animali erano confinati.

Sotto i nostri occhi, dozzine di cani lasciati senza né cibo né acqua per giorni interi, circondati dai loro escrementi, e completamente paralizzati dal terrore.

Nel partire alla volta di un’inchiesta così difficile e pericolosa, i nostri investigatori si erano preparati a diversi scenari, ma mai avrebbero potuto immaginare che l’aspetto più complicato in assoluto, in tutto questo, sarebbe stato non poter dimostrare alcun affetto per gli animali vittime di questa carneficina, né mostrare compassione per le loro sofferenze.

Il più piccolo gesto di gentilezza, e la nostra farsa sarebbe stata smascherata, rendendo impossibile il prosieguo dell’inchiesta.

Non è certo un caso che il Festival di Yulin sia l’argomento all’ordine del giorno, né che i riflettori internazionali siano puntati su di esso da ormai diversi anni.

Questo macabro evento rappresenta il culmine e l’emblema di una tradizione che – nonostante riguardi una minoranza della popolazione – risulta tutt’oggi diffusa e più che mai ostinata. Mettere al bando tale ricorrenza sarebbe quindi un grandissimo passo nella giusta direzione.

Preme però ricordare che le ingiustizie subite dai cani per il consumo della loro carne non sono certo circoscritte al festival di Yulin, anzi. Si stima che durante il festival vengano uccisi tra i 5 e i 10mila cani, ma in tutta la Cina il numero dei cani macellati annualmente è di oltre 10 milioni, con un picco di consumi nei mesi estivi. 

Inoltre, proprio per la grandissima pressione che si è generata intorno a quest’evento, ultimamente il festival di Yulin ha messo in atto delle migliorie, seppur maldestre ed esclusivamente di facciata: i cani non vengono più macellati per strada come prima, ci sono meno gabbie in giro, e i controlli aumentano proprio per evitare che turisti e giornalisti raccolgano materiale da utilizzare potenzialmente contro il governo cinese. 

La situazione precipita di nuovo quando, passato il mese di giugno, si smette di parlare del festival di Yulin, e i mercati ripiombano nella piena illegalità, e non solo a Yulin, ma in tutta la Cina.

Negli anni, i nostri investigatori hanno visitato diverse zone del Paese, e in particolare quella Guangdong – in zone sia rurali che cittadine – rilasciando 6 diverse inchieste in cui abbiamo documentato pratiche disumane e sempre molto simili.

Quando le persone sentono parlare del festival di Yulin, quello che fa inorridire i più è il solo pensiero che qualcuno, da qualche parte nel mondo, possa cibarsi di cani, animali che siamo abituati a considerare amici fedeli da migliaia di anni. 

Per molti, dunque, si tratta perlopiù di una questione di principio. I cani non si mangiano, punto.

Ma la verità è che il problema va ben oltre questo. Non si tratta di un mero bias culturale: se così tante organizzazioni dedicano i propri sforzi a questo tema è perché le sevizie a cui sono sottoposti questi animali sono davvero tra le più immonde, al punto che è difficile descriverle a parole.

Parliamo di cani che nella maggior parte dei casi sono stati prelevati dalla strada, oppure letteralmente rapiti dai legittimi proprietari. Altri ancora sono stati allevati in strutture clandestine.

Durante i lunghi trasporti e nei mercati, essi sono confinati in gabbie metalliche così minuscole da rendere impossibile qualunque movimento. Anche solo alzarsi, girare su se stessi o distendere le zampe. 

Nei macelli, i cani possono dover aspettare giorni interi prima di essere uccisi, e nel frattempo sono costretti ad assistere alla brutale macellazione dei propri compagni.

Arrivato il loro turno, vengono attanagliati e trascinati a strattoni. I cani non rimangono inermi: ringhiano, combattono, provano a sfuggire alla morte in ogni modo, inutilmente.

Vengono colpiti alla testa con bastoni, sbarre metalliche o strumenti improvvisati, un metodo di stordimento che, neanche a dirlo, è completamente inefficace, garantendo nel migliore dei casi una perdita di coscienza di qualche istante.

In gran parte dei casi, i cani riprendono i sensi nel momento in cui vengono pugnalati alla gola, solitamente su pavimenti putridi, e inondati del sangue di decine di altri animali.

Si divincolano e scalciano terrorizzati mentre vengono appesi a testa in giù con noncuranza dai macellai per farli dissanguare, un’agonia che dura minuti interminabili prima dell’ultimo respiro.

Sono parole difficili da ascoltare, ma testimoniare con onestà ciò che questi animali vivono sulla propria pelle ogni giorno è il minimo che si possa fare per loro, nonché la base di partenza per poterli aiutare nel concreto.

Consola sapere che i nostri sforzi e quelli di molte altre organizzazioni non sono invano. Le immagini ottenute dagli investigatori di Animal Equality sono state utilizzate da attivisti cinesi locali per fare denunce, e nel giro di poco tempo 33 rivenditori e un macello di cani sono stati chiusi dalle autorità cinesi, principalmente per violazione di norme di biosicurezza.

Per quanto si tratti di una goccia in un mare di sofferenza, nel 2013 questo segnava un passo importante nella giusta direzione.

A partire dal 2020, l’aspettativa era quella di un miglioramento decisamente più esponenziale in questo ambito.

Nella primavera del 2020, dopo lo scoppio della pandemia e dopo gli annunci e le promesse del Governo cinese, siamo tornati proprio in Cina e nei famigerati wet market grazie alla collaborazione di un gruppo di attivisti locali, per verificare se qualcosa fosse effettivamente cambiato.

Purtroppo però, non abbiamo potuto fare altro che constatare una situazione ancora completamente allo sbaraglio.

Nonostante la Cina abbia tolto i cani dalla lista degli animali considerati “da bestiame”, infatti, non è stato posto nessun divieto nazionale al consumo di carne di cane e di gatto.

In molti luoghi del Paese, gli investigatori hanno di nuovo documentato cani e gatti tenuti in gabbia ancora vivi, ammassati gli uni sugli altri, scuoiati e macellati sul posto a dispetto di qualunque norma igienico-sanitaria, creando terreno fertile per la proliferazione di malattie.

Sull’onda delle nostre ultime inchieste, abbiamo raccolto oltre 700.000 firme per chiedere al Governo cinese di vietare la macellazione e la commercializzazione di cani e gatti, nonché oltre mezzo milione firme per chiedere alle Nazioni Unite di mettere al bando tutti i wet market ovunque nel mondo, risparmiando così animali domestici e selvatici da un vero e proprio inferno in terra, e proteggendo il pubblico dalle minacce alla propria salute e sicurezza.

Con un decreto del 2020 le città di Shenzen e Zhuhai hanno effettivamente vietato il commercio di cani e gatti. Un risultato assolutamente significativo, ma il problema non verrà risolto fino a quando il governo cinese non proibirà tale commercio in via definitiva.

I tempi sono maturi per questa presa di posizione, il consenso esiste e in misura preponderante anche nella stessa Cina. Perché bisogna ricordarlo: la maggior parte dei cittadini cinesi non mangia né cani né gatti.

Un sondaggio del 2016 commissionato dalla China Animal Welfare Association in collaborazione con la Humane Society ha rilevato che a livello nazionale in tutta la Cina la maggior parte dei cittadini vuole vedere la fine del festival di Yulin, e più della metà pensa che il commercio di carne di cane dovrebbe essere completamente vietato.

La speranza è sempre l’ultima a morire. Un detto che tutti conosciamo, tanto semplice quanto veritiero. E quando meno ce lo aspettavamo, è stata proprio una cagnetta a ricordarci il significato di queste parole.

Nonostante le botte, le persecuzioni, i maltrattamenti, la paura, una cagnetta che aspettava il proprio turno nel macello clandestino di Zhanjiang, di cui vi ho raccontato all’inizio, si è avvicinata affettuosamente ai nostri investigatori.

È stata l’unica a farlo, e per lei abbiamo deciso di pianificare il salvataggio, per lei che, nonostante tutto, voleva ancora vivere.

Abbiamo deciso di chiamarla VITA perché è il simbolo della speranza per tutti gli animali che vengono sfruttati dagli esseri umani.

E al nostro rientro in Europa abbiamo capito perché Vita ha cercato il nostro sguardo e il nostro affetto in quel mattatoio, a differenza di tutti gli altri cani, stremati e ormai arresi al loro triste destino.

Lei aveva un motivo in più per vivere: era incinta di 9 cuccioli!

Oggi Vita è libera, adottata da una famiglia in Spagna che la sta accudendo e trattando con il rispetto che merita. I suoi cuccioli sono stati adottati da altrettante persone solidali che se ne prenderanno cura.

Per tutti loro è cominciata una vita molto lontana dai giorni bui del macello.

Vita e i suoi cuccioli, nonché tutti i cani tratti in salvo in questi anni da associazioni volenterose come Action Project Animal, sono stati molto fortunati, ma il destino di milioni di cani e gatti uccisi per il consumo umano è ancora nelle nostre mani.


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