L’ONU si schiera: sì al bando dei wet market in tutto il mondo
La responsabile della biodiversità delle Nazioni Unite si è espressa in favore del bando mondiale dei wet market; in soli 5 giorni di campagna oltre 200 mila persone in tutto il mondo hanno firmato la petizione.
I wet market, ovvero i mercati diffusi specialmente in Asia e in Africa dove si vendono animali vivi e si macellano sul posto, rappresentano una minaccia sia per la salute umana che per gli animali. In questi mercati, infatti, è assente qualunque tipo di regolamentazione igienico sanitaria e per la cura e la macellazione degli animali. È in questi mercati all’aperto, dove vengono venduti e macellati insieme animali allevati, selvatici e domestici, che hanno avuto origine virus mortali come SARS e MERS, e ci sono forti sospetti scientifici che anche il COVID-19 possa essere passato all’uomo proprio in uno di questi mercati.
«Il messaggio che stiamo ricevendo è che se non ci prendiamo cura della natura, la natura si prenderà cura di noi. Sarebbe il caso di vietare i mercati di animali vivi [.]» –
Elizabeth Maruma Mrema, Responsabile della Biodiversità delle Nazioni Unite.
Gli esperti favorevoli al divieto
Il legame tra la distruzione degli ambienti naturali e l’insorgenza di nuove patologie è ormai evidente, sottraendo spazio alle specie selvatiche ci esponiamo al rischio di contrarre nuovi virus: mettendo in evidenza questo legame lunedì sera la responsabile della Biodiversità delle Nazioni Unite, Elizabeth Maruma Mrema, rilasciando una intervista al quotidiano The Guardian, si è dichiarata favorevole ad un divieto internazionale dei wet market.
La spinta di Mrema a vietare i mercati dove si vendono animali vivi, selvatici e allevati, arriva pochi giorni dopo che il più grande esperto americano di malattie infettive, il dottor Anthony Fauci, ha sollecitato la comunità internazionale a chiudere immediatamente i wet market, definendo l’attuale crisi COVID-19 un “risultato diretto” delle condizioni fertili per la diffusione di virus zoonotici che questi mercati rappresentano.
Per restare in Italia: di recente nel corso di una puntata della trasmissione “Indovina chi viene a cena” condotto da Sabrina Giannini su Rai3, il ricercatore dell’Università La Sapienza di Roma Moreno Di Marco – intervistato nel corso del programma – ha evidenziato come “dal secondo dopoguerra ad oggi abbiamo contato centinaia di epidemie di origine animale che vanno in costante aumento, con una maggior frequenza negli ultimi 20 anni”. Perché? La risposta è più semplice di quanto sembri spiega Di Marco: “sgretolando gli ecosistemi, tagliando le barriere naturali tra noi e gli animali selvatici, creiamo le condizioni e i presupposti per i salti di specie poiché aumentiamo la possibilità che animali selvatici entrino in contatto con noi o con altri animali che vengono allevati”.
In questo senso i wet market, dove si tengono insieme, e in pessime condizioni, animali selvatici e non sono ambienti ideali per la diffusione di virus, come ben dice anche il Dottor Ian Lipkin, Esperto di Malattie Infettive:
“Prendi degli animali selvatici e li metti in un mercato insieme ad animali domestici e altri animali, dove ci sono infinite opportunità per un virus di fare un salto di specie, stai creando … una superstrada per i virus, che passano così dagli ambienti selvatici alle persone”.
Una campagna globale
Solo 5 giorni fa Animal Equality ha lanciato una campagna internazionale chiedendo alle Nazioni Unite di vietare immediatamente e permanentemente i wet market in tutto il mondo. In questi pochi giorni abbiamo già raccolto oltre 200 mila firme, di cui oltre 100 mila solo in Italia. È chiaro che la comunità pubblica si sta esprimendo in favore di un divieto di questi mercati, e le voci di così tante persone non possono essere ignorate.
Il pubblico e gli esperti hanno parlato: i wet market sono un inferno sulla Terra per gli animali e sono una minaccia per la salute umana. Devono essere chiusi immediatamente.
Se non lo hai ancora fatto, unisciti a noi e alle migliaia di altre persone nel mondo nel chiedere alle Nazioni Unite di fare un secondo passo e passare dalle dichiarazioni alle decisioni concrete, vietando i wet market in tutto il mondo. Insieme possiamo mettere fine a questa crudeltà, ma abbiamo bisogno anche di te!