La nostra nuova inchiesta shock con La7: in un allevamento di maiali
Per diverso tempo il nostro team investigativo ha monitorato l’attività di un maxi allevamento di maiali in Lombardia, raccogliendo immagini scioccanti che testimoniano maltrattamenti sugli animali, ma anche pessime condizioni igieniche e cattiva gestione di rifiuti pericolosi per l’ambiente.
L’azienda oggetto dell’indagine è un’importante realtà del territorio che all’interno di questo allevamento confina migliaia di maiali e giovani suinetti appena nati.
Guarda il servizio andato in onda su La7 con i nostri investigatori all’interno dell’allevamento di maiali:
Pochi mesi fa, siamo entrati in questo allevamento, portando dentro le telecamere di La7 per mostrare in prima serata a centinaia di migliaia di persone quali sono le sofferenze che gli animali sono costretti a subire quotidianamente in questi luoghi.
Queste condizioni non sono un’eccezione, ma una regola nell’industria alimentare: sofferenza, incuria e un altissimo quanto ingiustificato tasso di mortalità sono la norma negli allevamenti del nostro paese. Il trattamento brutale nei confronti degli animali e la noncuranza verso le regole sono in parte dovuti alla scarsa presenza di controlli ed al monitoraggio inefficace degli allevamenti da parte delle istituzioni italiane.
Per questo abbiamo lanciato una petizione focalizzata proprio sul tema dei controlli, per chiedere su tutto il territorio controlli più efficaci, frequenti e a sorpresa, oltre all’introduzione di telecamere a circuito chiuso in macelli e allevamenti come già sperimentato in Francia e Regno Unito.
Maltrattamenti, uccisioni e abbandono di animali: solo alcune delle illegalità
Grazie al monitoraggio continuo dei nostri investigatori, abbiamo potuto riscontrare come gli animali confinati nell’allevamento fossero spesso abbandonati a loro stessi: molti maiali infermi sono stati ritrovati fuori dai recinti, sdraiati a terra, talmente deboli da non riuscire a reggersi in piedi.
L’indifferenza degli operatori è evidente dalle testimonianze che abbiamo raccolto: non solo ai maiali non viene prestata alcuna assistenza veterinaria anche minima, ma abbiamo potuto documentare anche casi di deliberato maltrattamento nei loro confronti.
Ad esempio, dalle immagini si vede chiaramente uno dei maiali abbandonati per diversi giorni nei corridoi dell’allevamento brutalmente trascinato all’esterno dell’allevamento. Gli operatori stringono un cappio intorno alla sua zampa per poi trascinarlo via lungo la pavimentazione ruvida in cemento. Il maiale non riesce a muoversi e a divincolarsi, in preda agli spasmi tenta di liberarsi senza riuscirci.
La presenza di animali morti nell’allevamento è una costante in tutti gli spazi (recinti, corridoi, infermeria), segno della totale mancanza di cure e attenzioni destinate a questi animali. Molti dei maiali che abbiamo incontrato nell’allevamento presentano problemi di deambulazione, sono evidentemente sofferenti, talvolta completamente incapaci di muoversi autonomamente.
Proprio per via di queste condizioni i maiali sono molto spesso impossibilitati anche solo a raggiungere cibo e acqua.
Alimentazione di propria produzione, arricchita di feci
Molte aziende – e questa non fa eccezione – vantano la cura nell’alimentazione degli animali e la produzione di mangimi propri; ma grazie al lavoro dei nostri investigatori che hanno raccolto prove per verificare la qualità dell’alimentazione fornita ai maiali sappiamo che all’interno delle mangiatoie erano presenti feci di topi e di suini.
Nulla di cui vantarsi quindi, visto che la presenza di feci nel cibo comporta il rischio di proliferazione di batteri nel mangime e la possibile trasmissione di malattie attraverso l’ingestione.
Antibiotic free, ma non troppo
Nell’allevamento abbiamo trovato moltissimi animali con ferite, difficoltà di deambulazione, infezioni, cisti. Oltre a questo, ci sono le pessime condizioni igienico sanitarie in cui l’allevamento versa: gli stabilimenti sono infestati da ratti, ritrovati vivi e deceduti all’interno delle recinzioni stesse. Ciò a discapito della salute degli animali e di quella dei consumatori ovviamente.
Al contrario di quello che molte aziende sostengono sui propri siti aziendali, sono condizioni come queste che rendono l’utilizzo degli antibiotici fondamentale per mantenere in vita gli animali.
Anche questa azienda dichiara di essere antibiotic-free, ma soltanto 1 degli oltre 40 allevamenti del gruppo sembra essere registrato come “Antibiotic Free” e di certo non quelli dove i nostri investigatori hanno lavorato.
Gli allevamenti intensivi: un pericolo anche per l’ambiente
Un altro aspetto molto utilizzato dagli allevamenti per farsi una buona pubblicità è quello di realizzare sistemi per produrre energia grazie all’uso dei liquami, ovvero le feci e gli altri resti organici prodotti dagli animali che – secondo la legge italiana ed europea – devono essere attentamente gestiti perché altamente pericolosi per l’ambiente.
Nell’allevamento che abbiamo investigato però abbiamo riscontrato un probabile sversamento di liquami al di fuori delle vasche preposte, che abbiamo controllato anche con la realizzazione di un test sul tasso di ammoniaca: i liquami non risultano trattati ed è stato ritrovato un canale che dalle vasche si srotola fino al di fuori della recinzione perimetrale che circonda l’allevamento.
Lo sversamento di liquami “attivi” ovvero non trattati – come quelli in questione – è severamente vietato e può comportare gravi danneggiamenti delle falde acquifere.
È questa quindi l’eccellenza del Made in Italy?
Nonostante tutti gli sforzi dell’industria di pubblicizzare presunte “massime accortezze e innovazioni” in campo di allevamento, questo allevamento costringe gli animali a vivere in uno stato di sofferenza costante e in strutture fatiscenti e sporche.
A quanto pare la vita a cui sono condannati questi centinaia di migliaia di animali non impedisce all’azienda di destinare l’intera produzione alla produzione di prodotti marchiati DOP che – ricordiamo è un marchio di tutela che viene attribuito dall’Unione europea agli alimenti le cui caratteristiche qualitative dipendono dal territorio in cui sono stati prodotti.
Un certificato di un’eccellenza che le nostre telecamere non hanno neppure intravisto in oltre 2 anni di duro lavoro in questi allevamento.
L’azienda sembrerebbe aver anche richiesto Fondi Europei destinati alle Attività Agricole, quei fondi che dovrebbero promuovere la sostenibilità del settore, ma che se così fosse finirebbero ancora una volta ad arricchire le tasche di aziende che causano estreme sofferenze agli animali e inquinano il territorio, creando quindi danno a tutti: agli animali, a noi e al nostro pianeta.
Servono maggiori controlli in tutta Italia
Grazie al lungo lavoro di investigazione che abbiamo portato avanti abbiamo confezionato materiale a sufficienza per denunciare l’azienda presso le autorità competenti, presentando un esposto alla Procura della Repubblica di Brescia.
L’azienda dovrà rispondere alla giustizia e fungere da esempio per le aziende analoghe che continuano a violare i diritti degli animali dimenticati all’interno dell’industria alimentare.
Il maltrattamento sui maiali evidenziato dalle immagini raccolte dai nostri investigatori, le terribili condizioni igieniche che abbiamo trovato e la scorretta gestione dei liquami non sono un caso isolato, ma la regola negli allevamenti intensivi di tutto il paese.
Questo avviene anche – e soprattutto – a causa della scarsa presenza di controlli ed all’inefficace monitoraggio delle attività zootecniche da parte delle istituzioni in Italia, incapaci di assicurare la protezione degli animali nelle aziende secondo le vigenti leggi.
Troppo spesso sono riscontrati casi di incuria, stati di salute compromessa e mortalità in stabilimenti del Nord Italia, regione per altro emblema dei più alti standard del Made in Italy – sia in Italia che nel mondo – ed in particolare proprio per i prodotti a base di carne di maiale.
Proprio per questo, Animal Equality Italia ha reso pubblica una petizione rivolta al Ministro della Salute e al Presidente del Consiglio in merito alla totale assenza di cure e supervisione veterinaria nei confronti degli animali presenti nell’azienda che abbiamo investigato e ai mancati controlli da parte delle autorità pubbliche: troppo spesso infatti non vengono fatti controlli a sorpresa, frequenti e capillari, troppo spesso non vengono veramente impedite simili atrocità nei confronti degli animali, esseri senzienti che andrebbero invece protetti come previsto dalle leggi UE e italiane.
Chiediamo dunque alle istituzioni controlli più frequenti, capillari, a sorpresa e l’introduzione delle telecamere a circuito chiuso all’interno di macelli e allevamenti in Italia. Aiutaci anche tu firmando la petizione.