Gli allevamenti del gruppo Fileni condannati per le loro emissioni
Il Tribunale di Ancona ha emesso quattro decreti penali di condanna per il reato del Codice Penale per getto pericoloso di cose, condannando il rappresentante legale delle quattro società coinvolte, Giovanni Fileni, ad una ammenda di 5.000 euro per ogni allevamento.
Si tratta degli allevamenti di Ripabianca, Ponte Pio e Cannuccia situati nel Comune di Jesi e dell’allevamento di Monte Roberto, tutti nella Provincia di Ancona nella Vallesina, denominata da molti la Valle dei Polli.
L’importanza della condanna
Aldilà della sanzione pecuniaria la cui entità non preoccupa minimamente il Gruppo Fileni, terzo player avicolo in Italia con un fatturato superiore a 800 milioni di euro all’anno, la condanna avvenuta contemporaneamente in quattro allevamenti costituisce un unicum nel panorama nazionale affermando come il disturbo olfattivo causato dagli allevamenti intensivi sia reale e non sia un fenomeno occasionale ma caratterizzi tutti gli allevamenti indiscriminatamente.
Ne è consapevole il Comitato per la Vallesina composto dai cittadini che vivono in prossimità di cinque allevamenti intensivi avicoli del gruppo Fileni, quattro dei quali oggetto dei decreti di condanna.
Proprio dagli esposti e dalle denunce fatte dai cittadini sono partite le indagini dei Carabinieri e della Forestale.
La denuncia dei cittadini contro gli allevamenti
I cittadini hanno denunciato una situazione terribile, in cui specialmente nei periodi estivi la puzza nauseabonda proveniente dagli allevamenti intensivi ha raggiunto livelli di intensità tale da costringerli a rimanere chiusi in casa o li ha svegliati di soprassalto nella notte o alle prime luci dell’alba.
Le segnalazioni sono andate avanti per anni e continuano tuttora, senza che né il Gruppo Fileni, né gli Enti locali (Regioni e Comuni) e né gli organi di controllo (Arpam e Ast) abbiano preso alcuna misura o abbiano sanzionato il gestore in alcun modo.
Proprio la mancanza di controlli da parte degli enti preposti e il fatto che il comparto sia affidato unicamente agli autocontrolli da parte del gestore costituiscono la reale piaga di questa industria.
Industria sì e non agricoltura, come viene classificata dalla Legge, che la definisce “Industria Insalubre di Primo grado” e come decreta la recente decisione dell’Unione Europea, che associa le emissioni degli allevamenti avicoli alle emissioni delle aziende industriali nocive.
L’impatto degli allevamenti sulla salute
L’industria zootecnica rappresenta un comparto altamente impattante che andrebbe monitorato molto attentamente per i potenziali effetti sull’ambiente e sulla salute.
In primis la pericolosità dei potenziali effetti dell’ammoniaca emessa dagli allevamenti intensivi, che oltre ad essere il principale tracciante del maleodore è una sostanza nociva se supera determinati livelli in via primarie.
L’ammoniaca, che combinandosi ad altre sostanze presenti in atmosfera, determina la creazione delle polveri sottili PM2,5, la cui pericolosità per l’apparato cardiovascolare e respiratorio è ormai ampiamente provata da molti studi scientifici.
Proprio nell’allevamento di Ripabianca una breve campagna di monitoraggio condotta dall’Arpa Lazio ha rilevato valori dell’ammoniaca superiori a 350 m/m3, più di dieci volte più alti di quelli autorizzati.
Sono preoccupanti anche gli effetti della dispersione incontrollata sul terreno delle acque reflue e dello spargimento della pollina, ovvero un concime ottenuto dal riciclaggio industriale delle deiezioni di polli. Entrambi contribuiscono al rilascio nelle falde acquifere e nelle acque di superficie di azoto in eccesso e di altre sostanze chimiche, inclusi i metalli pesanti.
Questo perché i mangimi con cui i polli vengono allevati provengono perlopiù da paesi che coltivano la soia, il granturco e le altre sementi abusando dei diserbanti e dei trattamenti che poi contaminano gli animali allevati.
Per non parlare poi della pericolosità degli allevamenti intensivi, specialmente se concentrati in determinate aree, per la diffusione di microorganismi e di virus.
La protesta della Vallesina contro le “fabbriche di polli”
Il Comitato per la Vallesina, nato da poco più di due anni, si sta battendo denunciando la indifferenza, specialmente da parte della Pubblica Amministrazione, ma anche da parte di una imprenditoria senza scrupoli, verso i temi e le problematiche citate.
La concentrazione del settore avicolo nelle mani di tre grandi Gruppi che gestiscono circa l’80% del mercato, fa sì che si sia creata una grande lobby che ha ramificazioni nella politica italiana e europea, nella pubblica amministrazione, nelle associazioni di categoria e che favorisce l’incontrollato proliferare di allevamenti intensivi.
Fiumi di denaro e di agevolazioni sono piovuti dall’Unione Europea, dai Ministeri vari e dalle Regioni a finanziare questo settore senza curarsi degli effetti sui territori, sui cittadini e sul benessere animale.
I risultati ottenuti attraverso le azioni giudiziarie, attraverso le denunce dei media e le attività organizzate dal Comitato della Vallesina, hanno portato a conoscenza di molti abitanti della Vallesina degli effetti degli allevamenti intensivi.
Qualcosa così è cambiato da quando nessuno sapeva che nella Vallesina sono allevati almeno 25 milioni di polli all’anno, da quando nessun organo di controllo aveva mai fatto una ispezione negli allevamenti e da quando chi osava criticare questo sistema veniva additato come disfattista.
I prossimi passi
Oggi il problema degli allevamenti nella Vallesina è stato portato alla ribalta nazionale dalla trasmissione Report, il Consiglio di Stato ha sentenziato la chiusura dell’allevamento di Monte Roberto, decine di sanzioni amministrative sono state applicate per la inosservanza delle prescrizioni dell’AIA al Gruppo Fileni, la BLab ha aperto un’inchiesta interna sulla effettiva sostenibilità del Gruppo, l’autorità per la concorrenza ed il mercato ha sanzionato il Gruppo per pubblicità ingannevole, i cittadini che fanno parte del Comitato sono diventati attenti e consapevoli.
In questo contesto, la promulgazione di quattro decreti penali costituisce un altro passo importante nella lotta intrapresa. Le dichiarazioni del Gruppo Fileni, che ha preannunciato che non accetterà di pagare la sanzione comminata ma che intraprenderà la via del processo, costituiscono una nuova opportunità per il Comitato ed i suoi membri che si costituiranno parte civile.
Oltre infatti a sostenere pubblicamente davanti ad un giudice i disagi derivanti dalle molestie olfattive ed il deprezzamento patrimoniale subito dalle proprietà situate nei pressi degli allevamenti, il processo rappresenterà un palcoscenico per far conoscere ad una platea ancora più vasta cosa sono gli allevamenti intensivi.
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