Colpevole della macchia nera nel mare era un allevamento di bufale
Aggiornamento sulla macchia nera che lo scorso mese è apparsa in Campania, lungo la foce del canale Agnena che sfocia in mare nella zona di Castel Volturno, lungo il litorale domizio.
Scoperto il colpevole: le indagini hanno confermato che quella macchia gigantesca e maleodorante che dilagava in mare era composta di reflui zootecnici provenienti da un allevamento di bufale a Capua; l’attività ora è stata posto sotto sequestro.
Bufale: crudeltà e inquinamento
Non è certo la prima volta, sono costanti e numerose le notizie relative a sversamenti abusivi e irregolari da parte degli allevamenti di bufale nel territorio Campano. Caserta News, a luglio 2019, pubblica un articolo intitolato “I ‘veleni’ degli allevamenti bufalini nei Regi Lagni, 3 aziende sequestrate”; il giornale riporta che:
«Le attività investigative svolte dai militari della Stazione Carabinieri Forestale di Marcianise, coordinate dalla Procura e finalizzate a contrastare l’inquinamento del canale dei Regi Lagni che si riverbera nel mare Tirreno attraverso la foce dislocata nel comune di Castel Volturno, hanno permesso di individuare le tre aziende zootecniche che, in spregio alle normative ambientali, smaltivano illecitamente i reflui prodotti dai loro allevamenti direttamente sui nudi terreni e da questi, per percolazione, ruscellamento e lisciviazione, nei limitrofi canali di scolo affluenti del canale Apramo tributario dei Regi Lagni».
A giugno del 2019 la Guardia di Finanza ha effettuato un blitz in 14 allevamenti del Casertano, denunciando due allevatori e chiedendo la sospensione di tre aziende per uso di manodopera irregolare e per sfruttamento del lavoro, denunciando anche due titolari «per illecito sversamento di rifiuti, e sequestrato due aree, per un totale di 7mila metri quadrati per lo sversamento di liquami e rifiuti dalla sala mungitura». La notizia la riporta il Mattino di Napoli.
Caserta News riporta un’altra notizia molto importante per il territorio, in data 03/05/2019: la Procura di Santa Maria Capua Vetere ha chiesto un’intesa con diversi enti e realtà coinvolte (dalle ASL ai Carabinieri, passando per l’Istituto Zooprofilattico) proprio perché
«Nel territorio ricompreso nella giurisdizione della Procura (Casertano, ndr) è ubicato un numero elevatissimo di aziende zootecniche, la cui presenza costituisce preziosa risorsa, ma nel contempo necessita di costante monitoraggio, tenuto conto che è stata sovente accertata l’esistenza di attività illecite che si concretizzano in sversamento incontrollati di liquami, tombamento di rifiuti provenienti dallo scarto dell’attività produttiva ed inquinamento delle falde acquifere».
Questi sono solo alcuni esempi delle tante, troppe, notizie che toccano questo settore.
Questa ultima foto scattata nella zona di Castel Volturno è una delle ultime prove del danno ambientale di questi allevamenti. In molti allevamenti vengono documentati sversamenti illegali, vasche per lo smaltimento non adeguatamente attrezzate per contenere i liquami, o danneggiate. In alcuni casi, documentati anche dalla giornalista d’inchiesta Giulia Innocenzi – che ha realizzato indagini proprio negli allevamenti campani di bufale – gli sversamenti vengono praticati illegalmente e di proposito direttamente in mare o nei laghi, inquinando così l’ambiente e causando enormi rischi per la sicurezza biologica e sanitaria della zona. Uno scenario terrificante, che dimostra l’incuria e la spregiudicatezza di una industria che inquina indisturbata l’ambiente, quel patrimonio così prezioso per il quale le persone combattono ogni giorno.
Tutte irregolarità denunciate anche da Animal Equality Italia che – solo pochi mesi fa e grazie all’aiuto dell’organizzazione FourPaws – ha realizzato un mini documentario che ha svelato la realtà degli allevamenti di bufale in Italia, fatta di abusi e maltrattamenti sugli animali, irregolarità e inquinamento ambientale.
Guarda il nostro mini-documentario sugli allevamenti di bufale in Italia:
Come emerge dalle scioccanti riprese del documentario, l’ambiente non è l’unica vittima di questi allevamenti: a pagare il prezzo più alto infatti sono le bufale.
La mozzarella di bufala è uno dei prodotti d’”eccellenza del Made in Italy”, esportato in tutto il mondo e venduto a caro prezzo proprio per le sue presunte qualità, non solo relative al prodotto finito, ma per tutta l’intera filiera produttiva. Ma la realtà è diversa da quella raccontata dall’industria: ogni anno in Italia vengono allevati più di mezzo milione di bufale e bufalini, animali che sempre più spesso sono confinati all’interno degli allevamenti intensivi. Le immagini che abbiamo raccolto per la realizzazione del nostro documentario parlano molto chiaro: animali morti abbandonati vicino ai compagni vivi, cadaveri coperti di feci e fango nel maldestro tentativo di nascondere una morte, bufale costrette a vivere in condizioni inadeguate e terribili, con le zampe immerse nelle feci e nel fango fino alle ginocchia.
Grazie a questa investigazione abbiamo anche mostrato uno dei volti più terribili dell’allevamento di bufale: la strage dei bufalini. Infatti, in un sistema che ha bisogno solo di bufale femmine per produrre il latte destinato alla produzione di mozzarella e formaggi, i bufalini maschi sono un peso per il produttore e sono considerati semplici scarti senza mercato.
Spesso vengono quindi abbandonati a morire di fame e di sete e nelle zone circostanti agli allevamenti o appena fuori dalle porte delle strutture non è raro ritrovare cadaveri dei cuccioli lasciati a marcire per non dover pagare il prezzo dello smaltimento.
Questa è la realtà che si nasconde dietro alla mozzarella di bufala, un prodotto che definiamo eccellenza, ma che è di fatto frutto di sofferenze terribili, di animali torturati o brutalmente uccisi e di territori martoriati proprio dalla presenza degli allevamenti.
Tu puoi aiutarci a mettere fine a tutto questo: scegli di non consumare carne e altri derivati animali. L’industria alimentare che sfrutta gli animali causa terribili sofferenze a milioni di animali ogni anno e contribuisce in modo significativo all’inquinamento del nostro pianeta, scopri di più leggendo il nostro prossimo articolo sulla relazione tra produzione di cibo e cambiamento climatico.