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Il macello degli orrori di Torino: a fine mese la sentenza


La storia si protrae da un po’ di tempo e ci sono tanti lati oscuri che non sono stati ancora chiariti. È per questo che attendiamo con ansia la sentenza su un caso che ha aperto una breccia su un mondo fatto di orrori e maltrattamenti indicibili: quello del macello di Torino di Via Traves. 

I fatti risalgono al 2013 e al 2014, ma la Procura di Torino non intende mollare e – come riporta oggi La Repubblica – il 20 di novembre si arriverà a una sentenza.  A processo ci sono Andrea, Roberto e Stefano Chiabotto azionisti di maggioranza della Rosso spa, l’azienda capofila del consorzio che dal Comune ha la concessione del grande stabilimento di via Traves. La società del Gruppo Chiabotto, che aveva contratti di fornitura con alcune della più note aziende della grande distribuzione, oggi è in grave crisi.

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Foto scattata durante un’investigazione in un macello italiano

Proprio su La Repubblica si legge che questi verbali «potrebbero essere d’ispirazione per un manifesto del consumo consapevole di carne (…). Una moderna inchiesta italiana sul modello di ” Se niente importa” di Jonathan Safran Foer, o una saga noir come ” La famiglia Winshaw” di Jonathan Coe: animali gravemente ammalati caricati sui camion e portati alle gabbie di macellazione, nonostante le precarie condizioni; dissanguamenti estenuanti prima della morte delle bestie; veterinari minacciati se chiedono un po’ di pietà per gli animali docciati a – 3° sul camminamento che li porta alla morte» 

E riportano proprio spezzoni dei verbali, atti inquietanti, che raccontano di un mondo spietato e crudele. 

«Quando si fanno male si incastrano lì, ho delle foto dove… incastravano la testa con le corna dentro le sbarre, urlavano dal dolore, le urla le sentivi anche da fuori e non riuscivi neanche… era da tapparsi le orecchie». Infatti i veterinari che lavoravano in questi posti indossavano proprio i tappi. 

Sono stati alcuni veterinari a denunciare questi casi e testimoniare contro la proprietà in un processo che si è aperto a inizio anno, e che dovrebbe arrivare a un finale che purtroppo potrebbe concludersi con la prescrizione per i maltrattamenti sugli animali. 

Questi veterinari sono anche stati minacciati dalla proprietà proprio perché avevano sollevato dubbi sui maltrattamenti. 

«La storia del macello di Via Traves è sconvolgente e dimostra ancora una volta che la situazione dei macelli italiani è gravissima e preoccupante» commenta Matteo Cupi, Direttore Esecutivo di Animal Equality Italia. 

«Da tempo stiamo chiedendo riforme legislative e misure più efficaci per fare in modo che tutto questo non si ripeta, con una campagna che abbiamo lanciato a dicembre 2017 e che ha mostrato con diverse investigazioni che i macelli italiani sono luoghi a porte chiuse in cui avvengono crudeli maltrattamenti e abusi che vanno fermati. Con la nostra campagna chiediamo anche l’introduzione delle telecamere CCTV, un modo che permetterebbe di monitorare al meglio ciò che accade in queste strutture e che aiuterebbe proprio in casi come quello del macello di Via Traves» prosegue Cupi. 

Anche se il destino al macello non è certo privo di sofferenze, crediamo infatti che sia inutile arrecarne di ulteriori e di continuare con queste crudeltà, amplificate dall’esistenza di zone franche, dove i controlli mancano o sono troppo sporadici, in cui le leggi non valgono come dovrebbero e dove i veterinari che osano opporsi vengono mobbizzati e minacciati. 

Aiutaci anche tu, firma subito la petizione per mettere fine alle crudeltà nei macelli. 


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