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Sabrina Giannini, Indovina chi viene a Cena

Intervista a Sabrina Giannini. L’allarme della pandemia ignorato, il rischio di wet market, deforestazione e allevamenti


Con la sua ultima inchiesta Sabrina Giannini ha messo nero su bianco il rapporto tra ambiente, animali, deforestazione e malattie globali

Domenica è andata in onda su Rai3 la prima puntata della nuova stagione del programma di Sabrina Giannini, Indovina Chi Viene a Cena. Come sempre, l’inchiesta della giornalista italiana più impegnata sul fronte ambientale, animale e alimentare, non ha lasciato spazio a dubbi. 

La pandemia COVID-19 era prevista, temuta e molte istituzioni sapevano da dove sarebbe arrivata, con un collegamento che sembrerebbe molto stretto (anche se ancora in fase di analisi) con fattori ambientali e il rapporto che abbiamo con gli animali, selvatici e allevati a scopo alimentare. E non si tratta né della prima né dell’ultima malattia cosiddetta zoonotica con cui avremo a che fare. 

Forte di anni di inchieste, Sabrina Giannini ha mostrato chiaramente la situazione in Asia e come anche nel mondo intero gli allevamenti intensivi possano (e stiano) giocando un ruolo in tutto questo. 

Abbiamo parlato con lei delle sue inchieste, di questa pandemia e di quello che ha scoperto grazie alla sua approfondita ricerca in tutto il mondo. 

La tua inchiesta ha toccato in modo molto approfondito tanti aspetti che riguardano il nostro rapporto con gli animali e la situazione attuale. In che modo queste pandemie globali sono legate agli allevamenti e agli animali confinati in questi luoghi?

Abbiamo messo in risalto questo legame grazie alla forza della nostra ricerca. Abbiamo analizzato e mostrato ad esempio un documento dell’UNEP in cui si spiega molto bene perché sono gli allevamenti intensivi a giocare un ruolo centrale in tutto questo. Nello specifico, all’interno degli allevamenti manca la biodiversità, e questo che cosa vuol dire? Che questi animali non fanno da scudo tra loro e le malattie; l’allevamento intensivo stesso è un’alterazione, non c’è complementarietà, non c’è diversità genetica, non c’è biodiversità e quindi quando questi animali entrano in contatto con un virus selvatico ovviamente non c’è quello scudo. Manca la resilienza, quell’autoregolazione che ti dà la natura. Il problema è la concentrazione di questi allevamenti – che in Asia in questo momento è esponenziale e preoccupantemente in aumento, perché gli errori che abbiamo fatto noi li stiamo “esportando”. Noi occidentali infatti, come ho mostrato nell’inchiesta e come mostrerò nella prossima puntata di Indovina chi viene a Cena stiamo insegnando agli asiatici quello che chiamiamo i sistemi di “allevamenti verticali”, un sistema inventato in parte in Olanda, che consiste nel creare degli allevamenti monstre e proprio verticali, in cui ammassare tantissimi animali. Tra l’altro, non posso non far notare che in Olanda vi sia la sede di moltissime multinazionali. 

Ci sono altri aspetti di cui dovremmo tenere conto e che sono emersi dalla tua inchiesta?

Allora il punto fondamentale è che da un lato c’è l’invasione degli spazi degli animali selvatici, come ha detto benissimo il Dottor Di Marco nella mia inchiesta, che ci espone a centinaia di migliaia di  specie virali di animali selvatici che ancora non conosciamo. Più noi ci addentriamo, più tagliamo, più eliminiamo parti di foresta, più naturalmente ci esponiamo noi esseri umani, ma esponiamo anche gli animali negli allevamenti intensivi che sono la grande avanzata, perché se si continua a mangiar carne non può che aumentare esponenzialmente il numero di allevamenti. Tra l’altro, quelle zone che vengono deforestate del Sud Est asiatico sono ricche di biodiversità, estremamente minacciate dalla deforestazione, e sono attaccate alla Cina. Non dimentichiamoci che molti vegani – che io rispetto – consumano anche loro prodotti con olio di palma, che è devastante per queste foreste. Bisogna tenere conto che gli allevamenti fanno da amplificatore, ma che lo spillover – ovvero il salto da una specie all’altra – avviene o direttamente da animale selvatico serbatoio di virus all’uomo, oppure attraverso una specie intermedia o di amplificazione, più l’animale intermedio è simile all’uomo, come ad esempio il suino che è un mammifero, più è facile che la ricombinazione genetica porti in qualche modo ad un salto più “facile”. Quindi anche la deforestazione e il consumo di animali selvatici giocano un ruolo fondamentale, in combinazione con gli allevamenti. Tuttavia, non ci dobbiamo dimenticare che ci sono dei luoghi dove specie selvatiche e queste specie intermedie si incontrano, e cioè nei cosiddetti wet market – i mercati cinesi dove si vendono e macellano animali vivi – che sono spesso in prossimità degli allevamenti intensivi; in questi mercati il pollo viene venduto vicino allo zibetto e lo zibetto viene venduto vicino al pipistrello, sono mercati in cui gli animali arrivano vivi, purtroppo anche cani e gatti, e vengono tutti macellati; il sangue si mescola e l’uomo stesso può essere infettato, come sembra sia successo in questo caso, come nel caso di altre malattie, ad esempio l’aviaria del 2005 causata da un virus H5N si diffuse direttamente dagli uccelli agli uomini. È chiaro che questi wet market sono esplosivi! 

Quindi andrebbero prese delle misure al riguardo?

La cosa sconcertante, che io ho ripetuto due volte nel servizio, è che la Cina che ha enormi responsabilità in questa vicenda – pur avendo avuto il Coronavirus della SARS soltanto 17 anni fa, e calcolando che nella storia dell’umanità non si è mai vista una frequenza così importante di pandemie – non ha preso delle misure al riguardo. Nonostante tutto questo loro hanno riaperto i wet market, hanno autorizzato nuovamente gli animali selvatici e hanno permesso che gli animali selvatici venissero macellati insieme a quelli domestici, creando le condizioni perfette e amplificando così la possibilità del salto di specie, da specie serbatoio a specie amplificatore, che può essere un’oca, un maiale uno zibetto, animali più vicini all’uomo. Nonostante questo la Cina continua ad aumentare il consumo di carne. Questa è una situazione esplosiva. 

Pipistrelli venduti in un wet market cinese

Quindi Asia e Cina hanno un ruolo centrale per queste condizioni diciamo geografiche, di densità di allevamenti e di questi wet market?

Sì, perché hanno molti allevamenti, grandi concentrazioni di animali e  anche di persone, perché sono tantissimi, e hanno questo problema della convivenza nei wet market di animali selvatici e animali allevati a scopo alimentare e animali domestici. Che appunto amplifica la possibilità del salto di specie. Le specie selvatiche che loro portano nei mercati nonostante gli avvisi, nonostante le precedenti epidemie, nonostante la SARS, nonostante sappiano bene quanto siano pericolosi… sono una grande minaccia e la cosa drammatica è questa. Nessuno ha il coraggio di dire che la devono smettere perché sono un focolaio preoccupante. Non a caso la quasi totalità dei virus di cui siamo a conoscenza sono probabilmente nati in Cina, ma se nessuno ha il coraggio, non ne usciamo più. Ovviamente le responsabilità sono enormi anche di noi occidentali, delle nostre multinazionali che ovviamente vanno in Oriente per insegnare un modello di sviluppo e di consumo che è totalmente sbagliato.

C’è quindi un interesse economico molto forte interconnesso anche con nostri interessi economici che impediscono di prendere posizioni a riguardo? 

Certo, perché siamo un un mondo globalizzato, la Cina diventa sempre più economicamente potente, ma con grandissimi problemi di diritti umani, quindi figuriamoci di diritti animali.  Avete visto i video degli animali buttati vivi nelle fosse? Davanti a una cosa così qualunque paese dovrebbe dire, voi siete dei criminali perché questo è contrario alle leggi europee. E lasciamo perdere le leggi europee, che sono anche quelle scandalose e ipocrite sul “benessere animale” come lo chiamano, ma qui siamo a dei livelli inimmaginabili… io non ci posso credere che abbiano gettato milioni o migliaia di suini senza che le autorità sapessero. Non so quanti suini sono stati buttati vivi e seppelliti vivi in fosse, non so se le autorità non sapevano che gli animali venivano soppressi in questo modo.  I video si vedevano, ma nessuno ha il coraggio di dire alla Cina di smetterla. E ci sono casi potenzialmente ancora più gravi. Io ricordo che la Nipah, che ha fatto il salto di specie da un suino all’uomo, aveva una mortalità del 50%, non come il COVID-19 che va dal 2% al 10%, perché dipende anche dal virus, fortunatamente la Nipah era molto meno contagiosa. Ciòè se tu non elimini i fattori di rischio come allevamenti contigui a zone umide tropicali e allevamenti-serbatoi immensi – che abbiamo anche noi europei – è dura risolvere questo problema. L’Asia ha tanti fattori, ma anche il Brasile non è messo meglio, perché continua a tagliare le foreste per la soia e per creare spazio per l’allevamento, quindi è facile che questi virus attacchino gli animali, ad esempio i bovini, che poi avvicinandosi all’uomo facciano il salto di specie. Sono i fattori di rischio che noi con le nostre scelte continuiamo ad aumentare esponenzialmente. Questa pandemia era prevista, era prevedibile e con il passare degli anni non potrà che aumentare la frequenza di queste malattie terribili. Io credo che da oggi, davanti a questa pandemia, aldilà di tante parole, bisogna agire e fare una bella moratoria mondiale per il taglio di un solo albero e stabilire una volta per tutte che chi ancora minaccia le specie selvatiche fa un crimine contro l’umanità, e le prove di quanto sia legato tutto questo alle pandemie e quindi alla salute pubblica ci sono e sono dimostrate.

Maiali affetti da peste suina vengono isolati per essere abbattuti

Tu sei stata la prima con questa inchiesta a mettere tutto nero su bianco, ma guardando il coverage che viene fatto di questa pandemia non posso dire lo stesso degli altri media. Come mai?

Il motivo è che bisogna avere delle conoscenze pregresse che sono conoscenze di anni, non riesci a mettere insieme tutto, a capire dove andare a ricercare se non hai già esperienza. Poi ovviamente bisogna avere una certa sensibilità, per capire che questa è una pandemia quindi è l’occasione d’oro, purtroppo tragica, ma è l’occasione d’oro per capire che questi problemi ambientali sono globalizzati. Noi compriamo la soia dal Brasile, compriamo gli animali dalla Germania e dalla Danimarca, li ingrassiamo in Italia e aggraviamo la Pianura Padana di inquinanti… ma, come dice il Dottor Di Marco nella mia inchiesta, questa pandemia oggi ci costa molto di più anche a livello economico e sociale. Quindi – per tutti questi motivi – bisogna prendere questa situazione come spunto per capire che non bisogna più tagliare un albero e che bisogna ridurre drasticamente i consumi di carne, e questo lo faremo vedere bene nella prossima puntata. Sterminando le foreste e gli animali selvatici verranno meno tutti gli scudi che abbiamo rispetto a questi virus e questo avrà conseguenze devastanti, considerato anche la quantità di animali che stiamo ammassando negli allevamenti intensivi. Questa non è nemmeno l’unica pandemia così pericolosa, ne abbiamo già avute tantissime, dalla SARS all’Ebola, ed è giunto il momento di rendersi conto dell’impatto di questo sistema che porta alla diffusione proprio queste malattie devastanti. Che cosa stiamo aspettando prima di correre ai ripari? 

Rispetto alla tua ricerca e alle tue inchieste, quali sono secondo te le azioni che bisogna prendere a livello globale?

Questa pandemia dimostra che noi siamo totalmente impreparati di fronte alla natura, anche se pensiamo di dominarla e vogliamo continuare a dominarla. L’unica soluzione possibile è la prevenzione e la prevenzione è anche economica, con la diminuzione di quei consumi che oggi causano la distruzione delle foreste per la soia, per gli allevamenti e per l’olio di palma e per tante altre materie prime (carburanti, minerali, etc) . Io comunque ho voluto pubblicare subito questa puntata perché questo è il momento di diffondere il più possibile queste notizie, ora, perché c’è la sensibilità di capire queste problematiche. Non dobbiamo dimenticarci di questo momento, in cui la natura ci sta mandando dei messaggi chiari, anche a fronte di un modello di sviluppo che non sfama tutti, che non è giusto con tutti. Si arricchiscono le multinazionali, si arricchiscono in pochi, e quindi questo modello non è equo, come per esempio in Brasile dove ci sono due fratelli ricchissimi che si stanno arricchendo distruggendo la foresta Amazzonica. E allora è giusto tutto questo? Tutti sapevano che questo sistema avrebbe portato a questa pandemia, a questo disastro, che sarà anche economico. E quindi questo è il j’accuse che ho lanciato, perché non bisogna dimenticarsi di tutto questo


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