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Cosa significa lavorare in un macello


Intervista ad una veterinaria che ha lavorato nei macelli: tra violazioni delle norme, stress e sofferenza degli animali che finiscono in questi luoghi crudeli

Per comprendere meglio di cosa si occupa chi lavora all’interno di un mattatoio e cosa accade tra le sue mura, abbiamo chiesto a una veterinaria di raccontarci la sua esperienza quotidiana, non priva di difficoltà.

Ecco le risposte che ha deciso di condividere con noi in forma anonima.

Cosa significa per lei lavorare in un macello? Qual è la routine a cui si assiste ogni giorno? 

Innanzi tutto premetto che sono vegetariana e sono “finita” a lavorare nei macelli per caso. Lavorare in tali posti per me è sempre stata, ed è, fonte di sofferenza infinita.

Per dare un senso a tutto ciò, ho sempre cercato di fare fino in fondo il mio dovere, soprattutto per quanto riguarda la legislazione relativa alla protezione degli animali al macello.

Con l’esperienza mi sono resa conto della enorme importanza che ha, o che dovrebbe avere, la figura del veterinario ispettore nel macello: è fondamentale per tutelare gli animali dai soprusi, violenze, incuria, se non da vera e propria malvagità, e insensibilità umane.

In seconda battuta il veterinario è, o dovrebbe essere, il garante nei confronti della società circa il rispetto della legislazione sul benessere degli animali nel momento in cui arrivano al macello.

Tutto ciò non è favorito né dagli operatori del settore alimentare (OSA), che, tranne in rari casi, sono variamente ostili, minacciosi o aggressivi; né tantomeno, dall’ASL, per la quale l’ispettore veterinario zelante è una grana, perché fonte di conflitto, lamentele e fastidio da parte dell’OSA. 

In questo senso, il veterinario è inviso sia ai mercanti di carne, sia ai datori di lavoro, cioè l’ASL, di cui dovrebbe essere il rappresentante. Si è soli a combattere contro interessi finanziari forti.

Ci può essere alleanza tra colleghi, più raramente parità di vedute e scopi con i colleghi di grado superiore, ma la sensazione è sempre quella di essere soli contro tutti. Nella migliore delle ipotesi, l’azienda è indifferente e ignara dei compiti e del ruolo del veterinario ispettore. 

La routine consiste nell’assistere all’arrivo al macello dei camion, verificare che il mezzo sia idoneo e il trasporto sia stato effettuato correttamente, verificare lo stato degli animali, vigilare sul loro scarico, per evitare maltrattamenti e incidenti; effettuare la visita ante-mortem, vigilare sulla movimentazione degli animali fino alla gabbia in cui saranno storditi e vigilare sul corretto stordimento e successiva iugulazione (taglio della gola).

Cosa accade agli animali da quando entrano all’interno del macello? Come reagiscono e come vengono trattati? 

Diversamente da quanto si potrebbe pensare, la sofferenza principale per gli animali è data dal ritrovarsi in territorio estraneo, affollato da animali estranei, quindi “nemici”: rumori di origine umana e vocalizzi di branchi sconosciuti provocano agitazione, paura e aggressività.

Ovviamente anche la movimentazione nelle varie aree del mattatoio effettuata in modo scorretto può causare terrore negli animali. 

Per quanto riguarda i piccoli macelli, invece, l’ansia e la paura sono dovute soprattutto al distacco dagli altri membri del branco, una condizione tipica degli erbivori.

L’organizzazione e la tranquillità umana fanno la differenza: macelli disorganizzati con personale sfruttato e non adeguatamente formato, e quindi nervoso, insieme a un eccessivo numero di animali che devono attendere lunghe ore nei recinti trasmettono ansia e provocano sofferenza, aumentando gli incidenti in cui possono incorrere gli animali. 

Purtroppo certi operatori allevatori preferiscono inviare i loro animali in impianti di macellazione dove il servizio veterinario è più “di manica larga”, quindi chi è più severo viene sia accusato di causare danni economici dovuti al “dirottamento” degli animali verso altre strutture più tolleranti, sia deriso perché le sue battaglie sono vanificate dai colleghi della porta accanto.

Esistono inoltre strutture dove infrangere la norma è una costante, insieme all’impunità di chi evita di segnalare le violazioni.

Come crede che bisognerebbe intervenire per ridurre la sofferenza degli animali nei macelli? 

In una realtà lavorativa come quella dell’industria della carne dove lo sfruttamento e il maltrattamento umano di certe categorie di lavoratori è cosa comune, dove la prossimità con la morte, la violenza e il sangue, incidono, anche inconsciamente, sulla forma mentis degli operatori, concepire la necessità di tutelare il benessere degli animali è difficile. 

Per quanto riguarda l’OSA, sarebbe necessario che tutti i gestori degli impianti di macellazione istruissero i propri operatori circa le buone pratiche e la legislazione, li rispettassero e li pagassero secondo i loro contratti e regolarmente. Sembra ovvio, ma non lo è.

Le persone serene, anche in contesti orrendi come i macelli, agiscono con razionalità e tranquillità, senza il bisogno di sfogare le loro frustrazioni su creature ancora più inermi e sfruttate di loro.

Tuttavia, nei macelli più problematici la formazione del personale esiste solo sulla carta e il rispetto per le persone è un concetto sconosciuto: figuriamoci il rispetto per gli animali!

La prevaricazione è all’ordine del giorno ed è sempre necessario mostrare i denti per non soccombere. Ovviamente non tutti sono così ed esistono anche OSA illuminati, educati e civili, ma la prepotenza è abbastanza diffusa in questo mondo. 

Sicuramente poi le ASL dovrebbero spalleggiare i loro funzionari, riconoscendone il ruolo e la funzione, non solo per motivi umanitari e di compassione verso gli animali, ma anche come garanzia del rispetto delle normative di fronte alla società.

Il racconto della veterinaria ci ricorda ancora una volta che la sofferenza degli animali sfruttati dall’industria alimentare è all’ordine del giorno e sistematizzata nell’industria che li sfrutta e li uccide.

Smettere di consumare carne e altri prodotti di origine animale significa pertanto rinunciare a finanziare i macelli e tutta la filiera che ruota attorno all’allevamento estremo degli animali.


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