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Macelli e COVID-19: gli impianti al centro di nuovi focolai in tutto il mondo


Sta succedendo in diverse parti del mondo: i macelli – che non si sono fermati neanche durante le fasi più stringenti del lockdown  – sono diventati focolai di COVID-19, ce lo raccontano in particolare i nostri colleghi di Animal Equality negli Stati Uniti e in Germania, ma in tutto il mondo si registrano casi.

Nei macelli degli Stati Uniti migliaia di persone hanno contratto il COVID-19: gli impianti, che sono rimasti aperti anche nelle fasi più stringenti del lockdown, hanno continuato nel loro lavoro uccidendo e infliggendo sofferenza a milioni di animali, ma in questo caso anche le persone costrette a lavorare sono diventate vittime dirette dell’industria della carne

I lavoratori nei macelli non possono mantenere le distanze, devono lavorare spalla a spalla, e per questo il virus si sta diffondendo in modo così critico e rapido. Secondo gli esperti in USA distanziare i lavoratori per adeguarsi alle linee guida sul distanziamento sociale (come indicato dai centri per il controllo e la prevenzione delle malattie per rallentare la diffusione del virus) comporterebbe una minore produttività, un rallentamento della catena di macellazione e quindi renderebbe gli impianti meno redditizi. Per questo i lavoratori hanno continuato a lavorare in condizioni poco sicure ed il risultato è stato disastroso. 

A fine aprile in tutti gli Stati Uniti si registravano circa 5 mila casi e 20 decessi correlati ai macelli, ma secondo il Midwest Center for Investigative Reporting i contagi reali associati a questi luoghi sarebbero più di 10 mila. In un macello di suini del Sud Dakota 850 lavoratori sono stati contagiati e – secondo le autorità sanitarie- molti avrebbero continuato a lavorare nonostante i sintomi per ragioni di precarietà economica. Diversi impianti delle maggiori aziende del settore – Tyson Food, Jbs, Smithfield Food – sono stati costretti a sospendere l’attività; ci sono anche strutture che hanno invece deciso di lavorare a ritmi ridotti, per cercare di prevenire i contagi da Covid-19.

Il problema si è ripetuto e si ripete anche in Germania, dove uno stabilimento di Dissen, nella Bassa Sassonia, è stato temporaneamente chiuso, dopo che circa un centinaio di dipendenti sono risultati positivi al Covid 19. Anche in Francia la situazione preoccupa, a seguito  dell’esplosione di un nuovo focolaio, con 69 casi di contagio in un macello in Bretagna – nel Nord della Francia – di proprietà di Kermené, uno dei più grandi gruppi di lavorazione di carne in Europa. Dopo questa vicenda è cresciuta anche la preoccupazione: le autorità infatti temono che i focolai legati all’industria della carne possano far risalire la curva dei contagi in Francia. 

Anche nei casi tedeschi e francesi i problemi nascono perché le misure di distanziamento sociale sono difficili da attuare in questi luoghi di lavoro, oltre al fatto che l’aria umida all’interno degli impianti favorisce la circolazione del virus e spesso i dipendenti non indossano la mascherina.

E in Italia? Anche nel nostro paese la situazione negli impianti desta forte preoccupazione. In Puglia un macello ha chiuso i battenti per due settimane dopo che 71 impiegati sono risultati positivi al virus. 

Le conseguenze per gli animali

Purtroppo a pagare le conseguenze di un’industria che per fare profitto non si ferma neppure di fronte ad una pandemia globale sono sia gli esseri umani, che gli animali. Con gli impianti di macellazione chiusi o a regime ridotto, e meno carne sugli scaffali, i maiali, i polli e le galline ormai sono troppi negli Stati Uniti e non si sa più dove metterli; i “capi di bestiame” hanno perso valore. 

E così gli allevatori passano alle soluzioni drastiche: milioni di animali sono stati uccisi in massa e con metodi brutali, gasati e bruciati per sopperire ai problemi di spazio. 

Quando i polli e i maiali rinchiusi negli allevamenti raggiungono quello che viene considerato il “peso di mercato” in genere vengono mandati al macello, ma man mano che gli impianti di lavorazione della carne chiudono sempre meno animali possono essere uccisi e macellati. Per questo motivo gli agricoltori stanno uccidendo gli animali, per fare spazio affinché i “nuovi” animali in arrivo possano prendere il loro posto

Inutile dire che queste operazioni sono chiaramente sintomo di una visione degli animali come oggetti, merci da destinare al consumo e di cui sbarazzarsi in caso di problemi o necessità. Allevamenti e mattatoi di tutto il mondo, insieme ai wet market, rappresentano diversi aspetti di un rapporto malato con la natura, di cui l’umanità paga ora il conto.

La carne: un bene “necessario”

All’inizio della fase più stringente delle chiusure dovute all’emergenza sanitaria avevamo scritto un articolo sottolineando come, nonostante i divieti applicati praticamente a tutti i settori produttivi, il trasporto e il macello degli animali destinati a diventare prodotti alimentari continuasse come sempre, perché ritenuto necessario

Oggi più che mai di fronte a questi fatti che vedono l’industria della carne non solo responsabile dell’uccisione di miliardi di animali ogni anno, ma anche in un certo senso complice dell’esplosione di nuovi focolai locali del virus COVID-19, torniamo a chiederci: è davvero necessario? 

“Questa pandemia ha messo in luce come il sistema di produzione alimentare negli ultimi anni si sia concentrato sul profitto, senza alcuna attenzione per la salute e le condizioni degli animali, né tantomeno per l’ambiente”. 

Marion Nestle, esperta di alimentazione della New York University,

Anche in Italia, macelli e allevamenti continuano a lavorare a pieno ritmo, continuando a rappresentare una fonte di sofferenza per milioni di animali, oltre ché un rischio per la società. Sì, perché mentre nel caso del COVID-19 i macelli sono stati solo degli amplificatori del virus, e non la sua causa (per quanto ne sappiamo fino ad ora), allevamenti e macelli continuano a rappresentare delle vere e proprie polveriere per lo scoppio di nuovi virus pericolosi, basti ricordare che le due forme di influenza aviaria, l’H5N1 e l’H7N9, sono nate proprio all’interno di allevamenti.

Tutto questo non può continuare, solo cambiando il nostro rapporto con gli animali possiamo sperare di costruire un futuro migliore. Tutti noi possiamo iniziare a farlo attraverso le nostre scelte personali: scegliendo di non consumare carne e altri prodotti animali possiamo infatti contribuire al calo della domanda di questi prodotti in Italia! 

Ma le nostre singole azioni non bastano, anche le istituzioni hanno il dovere di agire ora che tutte le problematiche dell’industria della carne sono emerse in modo anche molto drammatico. Bisogna porre fine all’abuso di milioni di animali senzienti, e bisogna lavorare per prevenire che in futuro l’umanità si trovi a fronteggiare emergenze sanitarie ancora peggiori di quelle che stiamo vivendo.

Per questo, insieme ad altre 70 organizzazioni in tutta Europa, abbiamo scritto alle istituzioni italiane ed europee chiedendo di prendere decisioni concrete per tutelare gli animali e favorire il miglioramento del Green Deal europeo. In concreto chiediamo: un bando definitivo del commercio di animali esotici e l’abbandono di forme intensive di allevamento all’interno dell’Unione Europea. Scopri di più nel prossimo articolo.


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