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Cosa sta succedendo con la peste suina africana in Italia? Preoccupazione per milioni di maiali


Il virus è presente da diversi anni in Italia, ma ora la preoccupazione per la sua diffusione sale, e il rischio che il virus raggiunga le zone con la maggior concentrazione di allevamenti di maiali portando ad uccisioni di massa è molto alta

La peste suina africana (PSA) è una malattia virale che può colpire i suini – per cui maiali e cinghiali – e a differenza di altre influenze o patologie diffuse tra gli animali ha un tasso di letalità altissimo, e infatti uccide quasi il 100% degli individui che ne vengono colpiti. 

L’allarme nel nostro Paese è stato dato qualche giorno fa quando sono state trovate le carcasse di alcuni cinghiali morti in Piemonte ed è stato riscontrato che la causa fosse proprio la peste suina africana. 

peste suina africana

Il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli e quello della Salute, Roberto Speranza, hanno firmato un’ordinanza con cui hanno vietato le attività venatorie nelle zone infette del Piemonte (in 78 comuni) e della Liguria (36) in un’area che coinvolge in totale 114 comuni. Nelle stesse zone è stata vietata la raccolta di funghi e tartufi, la pesca, il trekking e persino la mountain bike, tutte attività in grado di provocare interazioni con gruppi di cinghiali infetti che potrebbero spostarsi in altre zone. In Liguria il presidente Toti ha già emanato l’ordinanza di abbattimento immediato di tutti i maiali e cinghiali allevati nelle zone a rischio, questo potrebbe già comportare l’uccisione di oltre 500 animali. Anche la Regione Lombardia ha istituito una task force e sospeso la caccia nel territorio pavese. . La malattia non è al momento trasmissibile agli esseri umani, allora perché la preoccupazione è così alta? 

Peste suina africana: a rischio la vita di milioni di suini in Italia

Il rischio più importante è che la malattia si diffonda in territori con una forte presenza di allevamenti di suini come Lombardia ed Emilia Romagna generando così una vera e propria catastrofe, che potrebbe avere conseguenze su milioni di maiali allevati. 

In Italia si allevano quasi 9 milioni di maiali, e non essendoci cura per questa malattia l’unico sistema per fermare la pandemia consiste nell’uccisione degli animali degli allevamenti dove si riscontrano contagi, se la peste suina arrivasse nelle zone ad alta densità di allevamento del nord italia, sarebbe un vero disastro per gli animali. 

Nel 2014 un’epidemia di Peste suina si è diffusa in Est Europa costringendo all’uccisione di milioni di suini nel tentativo di contenere i contagi. Nel 2019 la diffusione della peste suina africana in Cina ha portato all’abbattimento di circa 200 milioni di maiali, ovvero circa il 40% di tutti i suini del Paese, da quel periodo arrivavano immagini girate in cina che mostravano centinaia di migliaia di animali gettati in fosse comuni e seppelliti vivi. 

Immaginiamo ad esempio che la malattia arrivi in Lombardia, dove è concentrato il 53% dei maiali italiani, sarebbe come anticipato una catastrofe che potrebbe portare all’uccisione di milioni di maiali la cui unica colpa è quella di essere costretti negli allevamenti. 

La Coldiretti si è detta soddisfatta dell’ordinanza emanata dai Ministri Patuanelli e Speranza chiamato “salva stalle”, ma più che di salva stalle l’ordinanza dovrebbe essere orientata a salvare la vita di questi innocenti animali che – come al solito – finirebbero per pagare il prezzo più alto con la sola colpa di essere vittime di un sistema che vede solo il profitto, ignorando le loro sofferenze. 

La peste suina rappresenta un ulteriore prova di quanto il modo in cui trattiamo gli animali – costringendoli in allevamenti sovraffollati e insalubri – sia un problema non solo per gli animali ma anche per la nostra stessa salute. L’insorgenza di virus così pericolosi che proliferano e mutano negli allevamenti (vedi l’approfondimento sull’epidemia di aviaria che in questi mesi dilaga in Italia ed Europa) è di certo una minaccia, virus come la peste suina avrebbero effetti devastanti su di noi in caso di un salto di specie, che fortunatamente in questo caso ancora non è avvenuto, ma esporci a questo costante rischio non è una buona idea. 

Bisogna cambiare rotta, certo la strada è lunga, ma è chiaro come le abitudini alimentari siano indissolubilmente collegate allo stato di salute del pianeta e di noi stessi.

Per fortuna ognuno di noi ha un’arma in pugno per contrastare tutto questo, abbiamo infatti il potere di scegliere di cambiare le cose, di adottare una dieta 100% vegetale che fa bene agli animali, ma anche al pianeta e alle persone.


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