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Ci stiamo mangiando il pianeta: la dieta vegetale può salvare il mondo


Cambiare alimentazione per cambiare il mondo, lo dicevamo già alcuni anni fa, sostenendo l’importanza delle scelte alimentari per salvare il pianeta, oggi a confermarlo è il nuovo rapporto di Chatham House, sostenuto dal Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) e da Compassion in World Farming, che racconta gli “Impatti del sistema alimentare sulla perdita di biodiversità”.

Stiamo perdendo la biodiversità e la colpa è anche degli allevamenti intensivi

La biodiversità – ovvero la varietà di organismi viventi, nelle loro diverse forme, e nei rispettivi ecosistemi – è in serio pericolo: secondo il report di Chatham House, il tasso globale di estinzione delle specie è almeno di dieci, forse addirittura cento, volte più alto del tasso medio degli ultimi 10 milioni di anni.

Questo significa che non abbiamo mai perso così tante specie e così tanta varietà prima d’ora, circa un quarto delle specie nella maggior parte dei gruppi animali e vegetali sono già minacciate di estinzione, e circa 1 milione di altre specie rischiano l’estinzione entro pochi decenni.

Inoltre, l’estensione degli ecosistemi è diminuita in media di circa il 50% rispetto al loro stato naturale, a dimostrazione del fatto che la minaccia alla biodiversità è una minaccia alla salute di tutto il pianeta, oltre che  di noi stessi. 

Dal 1970, la popolazione di mammiferi, uccelli, pesci, anfibi e rettili è diminuita di una media stimata del 68%.

Food System Impacts on Biodiversity Loss

Ma la perdita di biodiversità significa anche perdita genetica (meno specie ci sono, di meno famiglie, meno estese o con meno territorio a disposizione più si impoverisce  il ricambio genetico),  una  perdita che rende animali e vegetali meno resistenti alle minacce, tra cui parassiti e agenti patogeni, minacciando così la salute globale

E anche su questo punto gli allevamenti intensivi giocano un ruolo negativo. Proprio la mancanza di diversità genetica negli animali allevati a scopo alimentare è uno dei principali fattori di rischio per l’esplosione di epidemie legate agli allevamenti intensivi, come ben spiega Włodzimierz Gogłoza in questo articolo

Il circolo vizioso del “cibo a basso costo” che distrugge il pianeta

Di fronte a questi dati allarmanti viene spontaneo chiedersi: chi è il colpevole? Il report di Chatham house sostenuto dal Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente ha individuato come uno dei principali motori di questa terribile tendenza il sistema alimentare globale.

Negli ultimi 50 anni, la conversione degli ecosistemi naturali per la produzione di coltivazioni o pascoli è stata la causa principale della perdita di habitat, portando così alla riduzione di  biodiversità.

Negli ultimi decenni l’intero sistema di produzione alimentare è stato mosso da un unico dogma “produrre più cibo possibile, al minor prezzo possibile” e per quanto l’intento di questo principio fosse mosso da buoni propositi – ovvero “sfamare” tutto il mondo – le cose non sono andate come ci si aspettava.  

Questa corsa alla produzione low cost ha avuto impatti devastanti sul nostro pianeta senza peraltro risolvere il problema della fame nel mondo, considerando che ancora oggi – secondo l’ultimo rilevamento condotto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità – ben 820 milioni di persone non hanno la possibilità di mangiare a sufficienza, mentre circa 2 miliardi di persone sono classificate come sovrappeso o obese.

Quello che si è venuto a creare è un vero e proprio circolo vizioso: da un lato l’aumento di persone con condizioni economiche favorevoli nel mondo induce un maggior consumo di alimenti ad alta intensità di risorse come i prodotti animali, gli oli vegetali e i prodotti lavorati, e un consumo relativamente più basso di cereali di base. 

Dall’altro, la produzione stessa di cibo spinge e modifica la domanda – cosa mangiare e quanto mangiare – con logiche che vengono in un certo senso imposte dall’industria, dall’aumentare dell’offerta e dal diminuire dei costi. In questo modo più produciamo, più il cibo diventa economico, più ne consumiamo e ne sprechiamo.

Dal report “Food System Impacts on Biodiversity Loss”

Questo “circolo” è stato incentivato anche della liberalizzazione dei mercati globali, la corsa alla produzione e al consumo ha creato comportamenti economici che sicuramente promettono cospicui profitti, ma che creano risultati negativi per la società e l’ambiente. 

Ma allora come lo salviamo il mondo? La risposta è nelle proteine vegetali

Se il modo in cui mangiamo, in tutto il mondo, è la principale fonte di questa drammatica perdita di biodiversità, allora non rimane che una cosa da fare: cambiare il modo in cui mangiamo. 

Senza riformare il nostro sistema alimentare, infatti, la perdita di biodiversità continuerà ad accelerare portando ad un’ulteriore distruzione degli ecosistemi e degli habitat, minacciando la nostra stessa esistenza. 

Nel report sono indicati tre passaggi fondamentali e urgenti da applicare per arginare il problema:

  • I modelli alimentari globali devono convergere verso diete basate maggiormente sulle piante e sulle proteine vegetali per frenare il devastante impatto dell’allevamento animale sulla biodiversità, l’uso del suolo e l’ambiente. Un tale cambiamento gioverebbe anche alla salute alimentare delle popolazioni di tutto il mondo, e aiuterebbe a ridurre il rischio di pandemie. Lo spreco globale di cibo deve essere ridotto in modo significativo. Insieme, queste misure ridurrebbero la pressione sulle risorse, compresa la terra, attraverso la riduzione della domanda.
  • In secondo luogo, bisogna proteggere più porzioni di natura. La protezione della terra dalla conversione o dallo sfruttamento è il modo più efficace per preservare la biodiversità, quindi dobbiamo evitare di convertire la terra per l’agricoltura. Ripristinare gli ecosistemi nativi sui terreni agricoli offre l’opportunità di aumentare la biodiversità.
  • In terzo luogo, dobbiamo coltivare in un modo più rispettoso della natura e della biodiversità e sostituire la monocoltura con pratiche di pluri-cultura.

Scegliere una dieta a base vegetale – su scala globale – significa meno animali allevati e meno territorio necessario ad ospitarli, meno suolo consumato e meno emissioni di gas serra. Ma non solo, senza dover essere destinate all’allevamento le aree naturali possono tornare ad ospitare specie selvatiche e si possono ricostruire gli habitat del passato. 

Un passaggio dalla carne di manzo ai fagioli nella dieta dell’intera popolazione statunitense potrebbe liberare 692.918 km2 – equivalenti al 42% dei terreni coltivati negli Stati Uniti – per altri usi come il ripristino degli ecosistemi o un’agricoltura più rispettosa della natura.

Food System Impacts on Biodiversity Loss

Fino a qui tutto chiaro, ma cosa c’entrano gli animali con le monoculture? Molto semplice, la maggior parte delle monocolture, come quelle di soia, non sono destinate al consumo umano, ma bensì a diventare mangime per i miliardi di animali allevati in tutto il mondo, un’alimentazione basata su proteine vegetali, ci permetterebbe di destinare i terreni oggi coltivati per sfamare gli animali a nuove colture più sostenibili e che servano a sfamare direttamente le persone. 

È ora di cambiare, cosa fare in Europa e nel mondo?

La prima cosa necessaria da fare, stando a quanto riportato nel report, è riconoscere l’importanza dei sistemi alimentari per lo sviluppo di un futuro sostenibile.

Un passaggio urgente e necessario anche in Europa, ricordiamo che Animal Equality insieme ad altre 70 organizzazioni, in occasione della discussione al Parlamento europeo del Green Deal – documento relativo alle strategie europee riguardo la protezione dell’ambiente su tutto il territorio europeo – aveva richiesto di inserire tra le raccomandazioni la necessità di riformare la PAC (la Politica Agricola Comune) in modo che il denaro pubblico non fosse più destinato a metodi di allevamento intensivi, e il sostegno concreto ad agricoltori e ricercatori impegnati nello sviluppo di proteine vegetali.

Alla fine al voto della PAC il Parlamento Europeo ha confermato tra le altre cose i finanziamenti agli allevamenti intensivi e quindi a quel sistema produttivo distruttivo per il nostro ambiente. Il 2021 però è un anno di grandi opportunità per rivedere il sistema di produzione alimentare stando a quanto riportato nel report. 

Bisogna quindi smettere di stare a guardare e agire in concreto per trasformare il modello alimentare a livello globale. Noi di Animal Equality continueremo a lavorare con le istituzioni a livello nazionale ed internazionale affinché queste azioni vengano discusse e portate avanti nelle sedi preposte, per il futuro degli animali e per il nostro.

È più importante una bistecca o il futuro del nostro pianeta?

La domanda può sembrare un po’ troppo diretta, ma non è poi tanto distante dalla realtà. 

Come abbiamo visto grazie al report Food System Impacts on Biodiversity Loss il modo in cui mangiamo ha un impatto diretto sul nostro pianeta, sul clima, sulla biodiversità, sul suolo, sull’acqua, sul nostro stesso futuro su questo pianeta.

E se siamo noi a mangiare, allora siamo noi ad avere il potere di decidere quali industrie e quali sistemi supportare. Ogni volta che andiamo a fare la spesa e che scegliamo cosa comprare possiamo fare la differenza per gli animali e il pianeta.

Scegliere una dieta 100% vegetale significa scegliere di non finanziare una delle produzioni alimentari più dannose per il nostro ambiente e non solo, scegliere di non finanziare l’industria che sfrutta e uccide miliardi di animali in tutto il mondo. 

Oggi più che mai abbiamo bisogno che le istituzioni di tutto il mondo mettano al centro del dibattito l’alimentazione e la sua correlazione con la salute della terra, ma soprattutto abbiamo bisogno di mettere noi stessi al centro delle nostre riflessioni questa domanda, perché il futuro si costruisce nel presente, con le proprie scelte personali.


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