Da Amadori a McDonald’s: tutta la verità sull’industria di pollo in Italia
Ieri sera è andata in onda la terza première di Animal Equality Italia dedicata agli animali terrestri più sfruttati in assoluto al mondo: i polli allevati per la loro carne.
Chiara Caprio, Responsabile della comunicazione di Animal Equality Italia, e Giulia Malerbi, Responsabile della sensibilizzazione aziendale di Animal Equality nel nostro paese, hanno risposto a tutte le domande che ci sono arrivate sull’industria dei polli.
Puoi riguardare la première completa o proseguire per scorrere tutte le domande e le risposte
Proprio nelle ultime settimane abbiamo rilasciato un’inchiesta in due parti in collaborazione con il prestigioso giornale britannico The Independent, che svela ciò che accade negli allevamenti del fornitore di McDonald’s e di catene di supermercati come Tesco e Ocado.
Questa è solo l’ultima di una lunga serie di inchieste che Animal Equality ha dedicato all’industria della carne di pollo: quest’anno abbiamo documentato anche in Spagna le crudeltà di questa industria, e anche in Italia abbiamo fatto molto per i polli, investigando allevamenti che sono stati mostrati anche al TG1 come quelli della nostra inchiesta Pollo 100% italiano, un lavoro realizzato in due parti nel 2017 e nel 2018 che ha permesso anche di raggiungere importanti risultati in campo legale.
Per questo abbiamo deciso di parlare in modo approfondito dei polli allevati per la loro carne.
Quanti sono i polli sfruttati nel mondo?
Solo in Italia sono più di 500 milioni i polli sfruttati dall’industria alimentare, nel mondo stiamo parlando di miliardi di animali. Negli ultimi anni infatti c’è stata una grande spinta da parte dell’industria per promuovere questa carne, vendendola come più salutare e quindi anche più sana rispetto alla carne rossa, senza dire però che cosa si nasconde davvero dietro al petto di pollo che le persone comprano al supermercato.
Pensate che solo poco tempo fa il Guardian, uno dei più importanti giornali al mondo, ha pubblicato un lungo editoriale di Max Elder – studioso del Future Food Lab – che racconta come la nostra Era possa essere classificata come l’era dei polli, perché gli archeologi del futuro, quando scaveranno sottoterra e arriveranno agli strati relativi al nostro periodo storico, troveranno milioni milioni e milioni di ossa di pollo: tutti i polli allevati all’interno degli allevamenti intensivi.
Che cosa succede negli allevamenti di polli?
La terribile vita dei polli allevati per la loro carne comincia ancor prima di arrivare in allevamento: i polli nascono all’interno di incubatoi industriali, e non conosceranno mai la propria madre.
Appena schiuse le uova, i polli vengono vaccinati e caricati su delle ceste di plastica, all’interno delle quali verranno trasportati in allevamento. Qui i lavoratori rovesciano le ceste – una pratica che per altro causa a tantissimi pulcini fratture, alcuni addirittura muoiono per i traumi – e comincia la breve vita dei polli allevati a scopo alimentare, caratterizzata da diverse problematiche, le principali sono:
1.Selezione genetica
Grazie alla selezione genetica, il tasso di crescita di un pollo da carne al giorno d’oggi è 6 volte maggiore a quello di 90 anni fa. Il pollo broiler – la razza più diffusa per l’allevamento – raggiunge il peso di macellazione in 6 settimane, contro le 13 settimane necessarie nel 1950. In 50 anni il peso di un pollo da allevamento intensivo è aumento del 400%.
Questa crescita innaturale è la causa principale delle problematiche di benessere dei polli da carne, che si trovano dentro una vera e propria “gabbia fisiologica” che causa loro difficoltà motorie, fino a costringerli all’immobilità: avendo uno scheletro immaturo per il loro peso, le loro gambe non riescono a reggere letteralmente il loro corpo.
Questa crescita esagerata del corpo può portare ai polli anche disturbi metabolici: il tasso di crescita dei muscoli, infatti, è accelerato rispetto a quello dei vasi sanguigni nel tessuto muscolare, dunque la pressione aumenta sulla circolazione sanguigna e sul cuore, causando asciti, collassi cardiaci e miopatie.
2.Densità di allevamento
In un capannone spesso sono presenti decine di migliaia di polli. Ogni pollo riceve uno spazio leggermente superiore a quello di un singolo foglio di carta per appunti. Hanno addirittura meno spazio rispetto alle galline tenute in gabbia! Inoltre, il 90% del pavimento del capannone è spesso coperto dagli escrementi degli animali. A causa del prolungato contatto tra la pelle dei polli e la lettiera intrisa di deiezioni che esala ammoniaca – oltre che a fattori di salute, dieta e clima all’interno dei capannoni per l’allevamento – i polli presentano spesso pododermatiti, vesciche e bolle, queste bruciature possono peggiorare fino a diventare dolorose ulcere.
3. Stordimento
La pratica di stordimento più diffusa in Europa è quella ad acqua elettrificata. Una volta raggiunto il macello, i polli vengono tipicamente appesi per le zampe mentre sono coscienti, il che è noto per essere doloroso in quanto questi animali non hanno il diaframma, quindi quando vengono capovolti i loro polmoni vengono schiacciati dagli organi interni. Inoltre lo stordimento in acqua è efficace solo nel 60%, dei casi, con il risultato che agli animali viene tagliata la gola mentre sono ancora pienamente coscienti.
Perché i pulcini maschi vengono uccisi e non vengono allevati come polli?
I pulcini maschi che vengono uccisi poche ore dopo la nascita sono quelli che vengono al mondo negli incubatoi delle linee dell’industria delle uova. Nell’industria delle uova i pulcini maschi sono naturalmente considerati inutili – non potendo produrre uova – e per questo vengono eliminati.
L’industria della carne di pollo non ha interesse ad allevare i pulcini maschi nati nell’industria delle uova poiché questi pulcini non sono di razza Broiler, la razza di polli a rapido accrescimento che come abbiamo visto sopra diventa molto grande e molto in fretta. Per far raggiungere il peso di macellazione ad un pulcino di un’altra razza potrebbe essere necessario il doppio del tempo, e questo per gli allevatori significa un dispendio economico, che non vogliono affrontare.
Ci sono differenze tra allevamenti intensivi e biologici?
Una domanda che suscita l’interesse di molti, la risposta è semplice: dal punto di vista dell’animale non ci sono molte le differenze.
Sappiamo che le persone che acquistano prodotti biologici lo fanno in buona fede e dimostrano già un interesse verso gli animali allevati, acquistano bio credendo che questo significhi – di fatto – che gli animali stanno meglio.
Purtroppo le cose non stanno proprio così, la certificazione bio infatti può voler dire che agli animali viene fornita un’alimentazione biologica, ma anche se “mangiano meglio” i polli sono costretti sempre negli stessi allevamenti intensivi. Un altro parametro per ottenere la certificazione bio può essere quello dell’accesso all’esterno, ma anche in questo caso, se i polli allevati sono di razza Broiler, la razza a rapido accrescimento selezionata per crescere in modo esagerato, dopo i primi giorni di vita questi polli letteralmente non riescono quasi più a muoversi per via del loro peso. Se la razza allevata è Broiler con accesso all’esterno i polli saranno comunque sempre costretti a vivere nella gabbia che l’industria alimentare ha costruito attraverso la selezione genetica, il loro stesso corpo.
Inoltre, si tratta pur sempre di una forma di sfruttamento terribile, che costringe gli animali a vivere in condizioni innaturali e a morire nel giro di 30-50 giorni all’interno di un mattatoio.
In conclusione, purtroppo, dal punto di vista della sofferenza animale non ci sono grosse differenze tra allevamento biologico e non.
E tra i macelli e macelli biologici ci sono differenze?
In questo caso la risposta è ancora più netta: no, non ci sono differenze dal punto di vista dell’animale. Nei macelli industriali ci sono numerosi problemi, come la velocità di lavorazione, che comporta che quasi in tutte le strutture lo stordimento non sia fatto in modo efficace e che quindi ogni giorno migliaia di polli muoiano sgozzati pienamente coscienti.
Inoltre, i polli che vengono portati nei macelli industriali devono anche subire la cattura e il trasporto, altre due fasi molto stressanti per gli animali, durante i quali spesso subiscono traumi e fratture alle ali e alle zampe. I nostri investigatori hanno documentato anche queste fasi e sono davvero terribili.
Per quanto riguarda i macelli bio, in realtà anche in questo caso bisogna spiegare che più che altro si tratta di macelli piccoli o artigianali, come possono essere quelli locali o quelli adiacenti agli agriturismi. Ovviamente sempre regolari e certificati. Abbiamo investigato anche questi posti e abbiamo documentato come gli animali anche in queste strutture soffrano immensamente, lo stordimento non è efficace e viene fatto con macchinari rudimentali o vecchi e spesso i polli vengono maneggiati brutalmente.
Ci si può fidare delle etichette che dichiarano che gli animali sono “allevati senza l’uso di antibiotici”?
L’uso di etichette che dichiarano l’assenza dell’uso di antibiotici è in voga da qualche anno, da quando è diventato di dominio pubblico come l’abuso di antibiotici sugli animali allevati a scopo alimentare avesse una controindicazione a dir poco terribile, ovvero il contributo all’insorgenza dell’antibiotico resistenza.
Un problema davvero preoccupante, tanto che a detta dell’Organizzazione Mondiale della Sanità è “una delle maggiori minacce per la salute globale”.
Ma l’uso dell’etichetta “senza antibiotici”, significa veramente che gli animali vivono meglio? No. Se un allevamento decide di non utilizzare antibiotici senza portare miglioramenti nel campo del benessere animale, gli animali soffriranno ancora – non solo a causa delle già terribili condizioni negli allevamenti – ma anche a causa di malattie che non vengono trattate, infezioni, mutilazioni dolorose e altri disturbi.
Il problema tra salute degli animali e salute delle persone è legato a doppio filo: le malattie dei polli potrebbero benissimo essere prevenute migliorando le condizioni in cui vivono, invece nella maggior parte dei casi si preferisce ancora somministrare antibiotici nei mangimi e nell’acqua anche se l’opinione degli esperti veterinari e medici è che è pericoloso e ingiustificabile utilizzare antibiotici correlati a farmaci utilizzati in medicina umana a scopo “preventivo” a gruppi di animali apparentemente sani.
Perché nonostante tutto non cambia niente?
L’allevamento di animali è una pratica radicata nella nostra cultura e nella nostra società, soprattutto negli ultimi 50 anni c’è stata un’esplosione dell’allevamento, in particolare dell’allevamento intensivo, e anche di una selezione estrema degli animali per arrivare a produrre sempre di più e ad offrire prodotti di origine animale a poco prezzo e a sempre più persone.
Proprio per questo è difficile “da un giorno all’altro” pensare di chiudere tutti gli allevamenti e tutti i macelli. Tuttavia, ci sono delle note positive che è importante sottolineare: negli ultimi anni, infatti, si parla sempre di più di allevamenti intensivi, di animali allevati, degli abusi che subiscono. Le investigazioni di Animal Equality, ma anche quelle delle altre organizzazioni trovano sempre più spesso spazio sui media nazionali. Questa conoscenza, questa diffusione di informazioni ha portato anche ad un aumento del numero di persone che hanno fatto scelte alimentari diverse, sono infatti sempre di più le persone che si dichiarano vegetariane o vegane, ormai sono in totale il 10% della popolazione italiana.
Ovviamente Animal Equality continua e continuerà a lottare per vedere la fine di ogni sfruttamento animale. La strada è ancora lunga e richiede l’impegno di tutti, come singoli cittadini, ma anche l’impegno di chi ha il potere di decidere della vita di milioni di animali, ovvero proprio le aziende del settore alimentare.
Anche le aziende negli ultimi anni si sono aperte a discutere con le organizzazioni come Animal Equality, perché sanno che i consumatori sono sempre più attenti alle questioni che riguardano il benessere animale.
Attraverso il lavoro di sensibilizzazione aziendale Animal Equality lavora proprio con le aziende affinché queste adottino politiche che vadano a ridurre la sofferenza degli animali. La decisione di un’azienda per quanto possa sembrare una cosa piccola ha in realtà impatto sulla vita di milioni di animali. Si tratta di piccoli passi, piccoli tasselli, sulla lunga strada che ci porterà ad ottenere il futuro che vogliamo per gli animali.
Nel caso dei polli stiamo lavorando affinché tutte le aziende che coinvolgono questi animali nelle loro filiere adottino l’European Chicken Commitment, un documento che racchiude tutte le raccomandazioni e i criteri per allevare i polli in modo meno crudele, per risparmiare loro tanta sofferenza.
Gli allevamenti dove fate le investigazioni vengono chiusi?
Noi di Animal Equality denunciamo sempre gli allevamenti in cui troviamo maltrattamenti, abusi, violazioni, illegalità o condizioni igienico sanitarie pessime.
Tutte queste illegalità vengono perpetrate purtroppo molto spesso con facilità, anche perché i controlli sono pochi e inefficaci, per questo noi di Animal Equality non ci focalizziamo solo sul chiedere la chiusura di una determinata struttura o la condanna dei singoli dipendenti o allevatori, ma usiamo i documenti raccolti nelle investigazioni anche per chiedere alle istituzioni, nuove norme che garantiscono più controlli e che permettano di punire in maniera più certa alcune condotte che purtroppo sono molto diffuse.
Il nostro obiettivo è cercare di ottenere il risultato più efficace possibile anche in termini legali, anche se ovviamente il procedimento legislativo non è così veloce o immediato come desidereremmo. Incontriamo molte resistenze, anche da parte delle istituzioni, rispetto a come vorremmo procedere, ma non per questo ci fermeremo.
Che cosa possiamo fare contro le pubblicità ingannevoli?
L’industria della carne ha moltissimi soldi a disposizione per comprare spazi pubblicitari sia sulle televisioni che sui giornali e quindi spesso diffonde senza sosta questa immagine totalmente falsa degli animali, mostrati come felici, all’aperto, al sole e addirittura nel verde.
Ovviamente si tratta di quanto di più lontano possa esistere dalla realtà dei polli e degli altri animali allevati a scopo alimentare.
Un esempio che ci riguarda da vicino è il caso Amadori: a seguito di una nostra investigazione in un allevamento Amadori, abbiamo collaborato con Enpa, che grazie alle nostre immagini ha potuto contestare ad Amadori la comunicazione che faceva su sito e brochure proprio relativa ai polli.
In quel caso specifico è stata sporta una denuncia all’AGCM, l’autorità garante per le comunicazioni, che ha esaminato il caso e ha imposto ad Amadori di cambiare la comunicazione perché potenzialmente fuorviante per i consumatori, che sarebbero stati indotti a pensare che i polli vivessero di fatto in un mondo bucolico e felice.
Questo è un esempio del lavoro investigativo e legale che portiamo avanti insieme ad altre organizzazioni, ma oltre a questo ognuno di noi può informarsi, diffondere video come questo per esempio, condividere con tutti i contatti le inchieste che realizziamo, insomma, far conoscere la verità a quante più persone possibili.
Che cosa possiamo fare per i polli?
Spesso ci si può sentire sopraffatti dalle immagini che mostrano la sofferenza dei polli e si pensa che non si possa fare nulla o che quello che facciamo non è mai abbastanza, ma non è così.
Per prima cosa, possiamo scegliere di tenere questa sofferenza fuori dal nostro piatto, una scelta molto importante che risparmia davvero tantissime sofferenze. Incoraggiamo anche chi non ha ancora mai provato, a sostituire la carne di pollo con alternative a base vegetale, ormai in tutti i supermercati si trovano davvero tante e buonissime alternative, vale la pena provare, anche poco a poco, il cambiamento è qualcosa che si conquista con l’impegno costante ogni giorno, non è uno sprint, quindi qualunque piccola sostituzione significa molto per gli animali.
Inoltre puoi scegliere di aiutare Animal Equality nel suo lavoro con le aziende unendoti alla squadra dei Difensori degli Animali, il gruppo di attivisti digitali più grande e attivo d’Italia. Quasi 30.000 persone che ogni giorno compiono semplici azioni online e sui social media, comodamente realizzabili da casa, a sostegno delle nostre attività.