I finanziamenti pubblici dell’Europa “in pasto ai maiali” della Lombardia
Quasi la metà dei fondi europei destinati alla Regione Lombardia per la zootecnia – ben 120 milioni di euro – vengono destinati agli allevamenti intensivi nei comuni con carichi di azoto oltre i limiti di legge.
Il dato preoccupante emerge da un recente report prodotto da Greenpeace ed intitolato “Fondi pubblici in pasto ai maiali”.
Ci sono 168 comuni della Lombardia, quindi uno su dieci, che sono a rischio ambientale per eccessiva presenza di azoto. Presenza imputabile all’attività degli allevamenti intensivi. Eppure in questi stessi comuni, proprio gli allevamenti intensivi, continuano a ricevere importanti finanziamenti pubblici tramite la PAC (Politica Agricola Comune): a pagarne il prezzo più alto sono naturalmente gli animali, costretti a vivere in questi luoghi terribili, ma anche l’ambiente e i cittadini di questi territori, che vivono all’ombra di questi giganteschi capannoni che ospitano migliaia di animali.
In Lombardia: un maiale ogni 2 abitanti
L’origine del problema però risiede proprio nel numero di animali allevati, in quanto in Lombardia vengono allevati circa la metà dei suini e un quarto dei bovini di tutta Italia: centinaia di migliaia di maiali e mucche che mangiano e – naturalmente – producono feci e altre deiezioni chiamati liquami, un carico da smaltire eccessivo per i territori che ospitano queste attività. Carico tutt’altro che in diminuzione, tanto che lo scorso dicembre la Regione Lombardia ha fatto richiesta di innalzare ulteriormente i limiti in deroga dello spandimento di liquami.
La Direttiva nitrati (creata proprio per limitare i liquami spandibili sul territorio) permette la possibilità di arrivare a 250 chili/ettaro di azoto, ma le aziende, anche quelle nelle aree più vulnerabili, chiedono che il limite allo spandimento venga innalzato. Questo perché il numero di animali allevati in Lombardia non sembra diminuire e di conseguenza neppure la produzione di liquami. Una richiesta di questo genere mira esclusivamente ad “agevolare le aziende allo smaltimento del letame” e non tiene in considerazione l’impatto sull’ambiente e sulla salute dei cittadini.
Lo spazio per i liquami è finito in Lombardia
A questo punto quindi risulta chiaro che una grande quantità di animali allevati significhi anche grandi quantità di liquami da smaltire, e proprio da qui nasce il problema. Siamo abituati a pensare che il letame sia una risorsa preziosa, perché viene distribuito nei campi come fertilizzante, ma l’attuale situazione in Lombardia è decisamente diversa: immaginiamo ogni campo destinato all’agricoltura come fosse una vasca da bagno, ogni terreno può assorbire un certo quantitativo di deiezioni animali, oltre il quale è come se strabordasse e non fosse più in grado di contenerle. Ed è proprio quello che accade in Lombardia: i liquami sono troppi, si accumulano e saturano il terreno, diventando un pericolo per l’ambiente e per la salute pubblica.
“Il limite di 170 chili/ettaro di azoto è superato in gran parte delle aree agricole di pianura delle province di Bergamo e Brescia, nella parte sudoccidentale e nordoccidentale (al confine con la provincia di Brescia) della provincia di Mantova, nel settore settentrionale della provincia di Cremona e in alcuni comuni della provincia di Lodi […] in alcuni comuni viene frequentemente superato anche il limite di 340 chili/ettaro”.
Documenti ufficiali della Regione
Nei comuni che hanno sforato il limite chili/ettaro azoto, dunque, è chiaro che lo smaltimento dei reflui non è avvenuto in modo corretto. Il pericolo è concreto perché lo spandimento sui campi dei liquami comporta la presenza di grandi quantità di azoto sui terreni agricoli che possono facilmente trasferirsi anche nei canali e nei torrenti, e di conseguenza nelle falde acquifere, mettendo a rischio la qualità delle acque e aumentando la possibilità di esposizione umana a nitrati.
Il problema è largamente diffuso perché 1 comune lombardo su 10 non rispetta i limiti di spargimento dei liquami. Eppure, paradossalmente, i fondi dell’Unione europea continuano a finanziare soprattutto gli allevamenti che si trovano nei comuni che hanno sforato il limite annuo di azoto per ettaro.
Secondo le indagini svolte da Greenpeace, i 40 comuni lombardi in cui gli allevamenti hanno ricevuto più fondi rientrano tutti nelle “zone vulnerabili ai nitrati” e più dell’80% di questi comuni ha sforato il limite di carico di azoto.
Ma nonostante questo – secondo i dati del Sistema Informativo Lombardo Silva – tra dicembre 2018 e gennaio 2020, in 33 di questi comuni sono stati approvati almeno dieci progetti di costruzione o di ampliamento di allevamenti.
Serve una profonda revisione della PAC e dei criteri con cui vengono assegnati i sussidi pubblici. Bisogna smettere di finanziare i sistemi di produzione intensivi perché sono causa di sofferenza animale, inquinamento ambientale e una minaccia alla salute pubblica.
Un allevamento di maiali lombardo, in “piena regola”
Ma com’è possibile che vi sia questa situazione ? Uno dei problemi principali è quello del numero e della qualità dei controlli. Molti di questi sono più sulla carta che sul campo: in Lombardia, le ispezioni in loco si effettuano solo nel 4% degli allevamenti mentre solo l’1% dei trasporti di refluo è ispezionato (dati Greenpeace).
Proprio per questo è fondamentale il lavoro dei nostri investigatori che, ad esempio, nel luglio del 2019 hanno ripreso come vivono gli animali e quali sono le reali condizioni di questi allevamenti intensivi in Lombardia.
Guarda la nostra investigazione in un allevamento intensivo di maiali in Lombardia:
Come si vede chiaramente dalla nostra inchiesta, gli animali vivono in condizioni terribili, in spazi sovraffollati, su pavimenti ricoperti di liquami. Molti animali sono malati e la struttura è infestata da ragni, scarafaggi e topi, le cui urine possono trasmettere malattie agli animali.
La sofferenza di questi animali è immensa, e la loro condanna è dover vivere in questo luogo dalla nascita fino al momento in cui saranno condotti al macello. Ma non è solo la sofferenza animale il problema.
Anche in questo allevamento, i nostri investigatori hanno documentato lo sversamento di liquami non trattati all’interno del perimetro dell’azienda e nei fossati adiacenti ai capannoni, un fatto molto grave che può comportare anche il danneggiamento delle falde acquifere. Si tratta infatti di una vera e propria illegalità punita da normative italiane ed europee, oltre alla quale abbiamo anche potuto riscontrare che proprio questo allevamento ha ricevuto quei fondi europei di cui abbiamo parlato sopra.
A seguito di questa investigazione abbiamo naturalmente denunciato la struttura con un esposto alla Procura di Brescia. A seguito della nostra denuncia, la procura ha demandato per una ispezione dei NAS – Nuclei Antisofisticazione e Sanità – che però, a seguito della loro visita, hanno sostenuto non ci fossero violazioni evidenti. Dopo qualche settimana, il PM ha chiesto l’archiviazione del caso; ovviamente Animal Equality si è opposta strenuamente a questa archiviazione presentando ulteriori dati e informazioni e ha ottenuto la revisione di questa richiesta, attualmente ancora al vaglio della magistratura. I tribunali riprenderanno l’attività sospesa per via del COVID-19 dal 30 giugno, da qual momento ricominceremo a fare pressioni ancora più forti per avere aggiornamenti sul caso e per non lasciare che queste terribili violazioni su animali e ambiente rimangano impunite.
Mostrare la verità per cambiare il futuro
Negli anni gli investigatori di Animal Equality hanno realizzato inchieste in più di 700 strutture tra macelli e allevamenti in tutto il mondo, ed ogni volta hanno trovato condizioni critiche per gli animali, ma anche condizioni igieniche inaccettabili, deforestazione e pratiche di trattamento dei liquami illegali e pericolose.
Portare alla luce la verità che l’industria vuole nascondere è il primo passo per portare consapevolezza su temi delicati come questi.
Le investigazioni sono la prima arma che abbiamo a disposizione per contrastare questo sistema terribile ed ingiusto: solo raccogliendo nuove immagini che mostrano la realtà possiamo continuare a portare alla luce ciò che si nasconde dietro alle porte chiuse di allevamenti e macelli, perché senza il lavoro degli investigatori l’unica voce in campo sarebbe quella dell’industria e delle sue discutibili pubblicità.
Noi : supporta chi combatte ogni giorno in prima linea per gli animali.