IL TUO AIUTO VALE DOPPIO ANCORA PER POCO! DONA ORA
Scared pig on factory farm

Report e la terribile realtà dietro il prosciutto di Parma: l’intervista a Giulia Innocenzi


Maiali picchiati e trascinati, abbandonati a morire perché considerati scarti e un ente certificatore che chiude un occhio sulle irregolarità riscontrate: l’allevamento intensivo è stato messo a nudo in prima serata su Rai 3 dalla giornalista Giulia Innocenzi, che ha documentato anche cosa è successo a centinaia di maiali sommersi dall’alluvione in Emilia.

La giornalista Giulia Innocenzi ha di recente realizzato due servizi per Report, il programma di inchiesta in onda su Rai 3, raccontando cosa è accaduto agli animali allevati a seguito dell’alluvione in Emilia-Romagna e denunciando cosa si cela dietro il Prosciutto di Parma. Per approfondire i risultati del suo lavoro, l’abbiamo intervistata.

Dopo le alluvioni in Emilia-Romagna, hai documentato per Report il “salvataggio” di 2.600 maiali nella cittadina di Lugo. Di fatto i maiali che hai filmato, come tutti quelli allevati, sono sfruttati a scopo alimentare e sono destinati alla macellazione. Cosa ti ha colpito di più di ciò che hai visto? 

Quando ho saputo cosa stava accadendo sono partita nel cuore della notte da Milano per filmare e raccontare un aspetto di cui si parlava poco in quel momento: decine di migliaia di animali erano sommersi dall’acqua per l’alluvione. Quando siamo arrivati all’allevamento, il cameraman ed io siamo rimasti sconvolti.

I maiali che abbiamo filmato erano immersi da 24 ore nell’acqua fredda e mentre salivano sul camion dei soccorsi, muovevano probabilmente per la prima volta i loro primi passi liberi dalle gabbie.

Si trattava di scrofe, animali che trascorrono la maggior parte della loro vita rinchiusi, e anche per questo l’operazione di salvataggio è stata lunga e difficile. Allo stesso tempo, le immagini hanno permesso di personalizzare gli animali, mostrando che sono esseri senzienti, ciascuno con le proprie peculiarità.

Tra loro infatti c’era la scrofa terrorizzata e quella che non voleva salire sul furgone per essere portata via. Il fatto che agli spettatori sia arrivato questo messaggio attraverso il servizio non può che essere un onore per me.

Dove sono stati portati questi maiali e cosa li aspetta ora? Sai indicarci quanti sono gli animali allevati vittime degli allagamenti e che sono stati sfollati?

Queste scrofe sono state portate in due allevamenti e dalle immagini che ho potuto vedere si trovano in luoghi migliori rispetto all’allevamento intensivo dove erano all’inizio. Hanno la paglia e recinti più larghi in cui stare, ma immagino finiranno comunque al macello.

Al momento, non c’è stato un censimento degli animali morti con l’alluvione, ma si parla di molte vittime, tra cui galline ovaiole, oche e altri suini.

Nelle zone alluvionate sono stati trovati tanti animali morti annegati e abbiamo scoperto che certi allevamenti non si sono curati di salvare i loro animali. Di fronte a quello che è successo, gli animali sono vittime due volte: prima dello sfruttamento a scopo alimentare a cui vengono sottoposti e poi delle conseguenze del cambiamento climatico che gli allevamenti contribuiscono a produrre. 

Nel tuo ultimo servizio, sempre per Report, intitolato Che porci!, mostri in che modo sono trattati i maiali allevati per produrre il prosciutto di Parma. Nei filmati questi animali sono considerati come scarti e abbandonati a morire dagli operatori: perché ciò che hai documentato non rappresenta un’eccezione ma è anzi la normalità?

Perché fa parte dell’allevamento intensivo e del sistema di produzione. Gli animali sono allevati per diventare dei prodotti e quando un animale non serve più, diventa uno scarto, trattato ancora peggio degli altri. Il veterinario intervistato nel servizio ci ha confermato che i maiali con patologie gravi (per esempio affetti da ernie ombelicali) non vengono curati dagli allevatori, perché il costo delle terapia non corrisponde al guadagno sul singolo animale e bisogna tagliare i costi. Ciò avviene a discapito dell’essere senziente, che è costretto a soffrire.

L’allevatore che valuta il maiale come non adeguato a finire al macello poi non gli nega solo le cure, ma non gli dà neppure più da mangiare. Lo abbiamo documentato per giorni con telecamera fissa, gli allevamenti filmati funzionano così.

Hai documentato anche gravi rischi per la salute dei consumatori, visto che i topi presenti nell’allevamento entrano in contatto con i maiali dopo aver ingerito il veleno ratticida: nella tua esperienza, quali altri rischi corre chi consuma carne a partire dagli abusi e dalle violazioni di cui gli animali sono vittime negli allevamenti?

Innanzitutto un maiale stressato in allevamento non è un animale che produce una buona carne. Poi ci sono i problemi legati all’antibiotico resistenza a partire dagli antibiotici somministrati in modo massiccio agli animali allevati, un aspetto di cui si parla ancora troppo poco e che colpisce anche chi non mangia carne.

Eppure ciò che sta avvenendo è molto grave e gli scienziati ci stanno ammonendo: viene predetto che nel 2050 saranno 10 milioni di morti ogni anno nel mondo per antibiotico resistenza, e l’Italia è il terzo paese europeo per uso di antibiotici in allevamento. 

Un altro effetto negativo per la salute deriva dalle carcasse lasciate all’esterno degli allevamenti e dalla dispersione dei liquami. Entrambi rappresentano un rischio per la biosicurezza perché diffondono malattie.

Ma se gli allevatori ricevono soldi pubblici quando i loro allevamenti subiscono gli effetti di virus come aviaria o peste suina, tuttavia le norme di biosicurezza non sono rispettate come dovrebbero e come ci si aspetterebbe.

Gli scienziati intanto ci avvertono che una prossima pandemia potrebbe verificarsi a partire dagli animali, ma come abbiamo documentato c’è ancora troppa superficialità a livello di biosicurezza da parte degli allevatori.

Nel servizio emerge come l’ente di certificazione alimentare CSQA, il più grande in Italia a operare controlli nella filiera agroalimentare, abbia favorito alcune aziende produttrici di salumi e di altri prodotti di origine animale, pur avendo riscontrato delle non conformità durante i controlli del processo produttivo: chi dovrebbe controllare questi enti di certificazione e in che modo gli allevatori ci guadagnano?

L’ente certificatore CSQA è controllato dal Ministero dell’agricoltura e in passato sono stati gli stessi ispettori ministeriali a verificare che l’ente era interessato a favorire la filiera del Prosciutto di Parma, anziché a far rispettare il disciplinare. Dopo il periodo di sospensione per la mancanza di imparzialità, il consorzio del Prosciutto di Parma ha però proposto nuovamente lo stesso ente, il Ministero ha acconsentito e per i prossimi tre anni il CSQA continuerà a certificare il consorzio in questione.

Questo succede perché il controllato sceglie e paga il proprio controllore. Qui però c’è un primo conflitto di interesse perché se ad esempio il consorzio riceve troppe multe, dopo 3 anni di mandato può scaricare l’ente certificatore e sceglierne un altro. Ma i controlli sul Prosciutto di Parma valgono almeno 6 milioni di euro ogni anno e le testimonianze dei dipendenti dimostrano che l’ente ha allentato i controlli dopo le lamentele dei clienti, evitando il rischio di vedersi sottrarre l’affare.

All’interno dell’ente, inoltre, Coldiretti e Confagricoltura hanno quote di proprietà, ma queste associazioni rappresentano gli stessi allevatori: ecco il secondo conflitto di interesse. Viene allora da chiedersi perché, dopo la sospensione di questo ente da parte del Ministero, il consorzio abbia proposto di nuovo il CSQA per essere certificato. A questa domanda per ora non è stata data risposta, ma sappiamo da un articolo del Corriere della Sera che i presidenti di Coldiretti e Confagricoltura, in seguito all’inchiesta di Report, si sono rivolti alla presidente del Consiglio Meloni dicendo che programmi che ledono il Made in Italy non dovrebbero andare in onda sui canali del servizio pubblico.

Hai subito ritorsioni legali per i servizi che hai realizzato? E cosa ne pensi del fatto che sembra che a pagare sia sempre più chi indaga e porta alla luce queste problematiche, più che i fautori stessi delle crudeltà che hai documentato?

Abbiamo ricevuto delle diffide a non mandare in onda il servizio, ma siccome riguarda temi di interesse pubblico, oltre che i consumatori, abbiamo deciso di mandarla in onda lo stesso. Questo è possibile perché un programma come Report garantisce un’informazione indipendente, anche di fronte a enti con fatturati da 800 milioni di euro come quello del consorzio del Prosciutto di Parma, che in alcuni casi minacciano di non comprare più pubblicità sulla rete e a volte passano dalle parole ai fatti. La Rai però, grazie al canone, può essere indipendente e realizzare comunque servizi come questi. 

Per quanto riguarda le conseguenze legali, io non ho ricevuto alcun attacco. Rispetto agli allevamenti, a parte l’intervento delle forze dell’ordine in uno dei 5 allevamenti oggetto dell’inchiesta, nessun altro ha subito alcun tipo di conseguenza. Anzi, a Mantova, l’operaio che nel servizio ha denunciato che i maiali ricevevano acqua ossigenata all’interno del loro pastone, oltre alla presenza di soda caustica nei liquami sparsi sui terreni, è stato licenziato e denunciato per tentata estorsione. Questo non penso sia accettabile in un paese civile come l’Italia. 

Come Animal Equality lavoriamo ogni giorno per proteggere gli animali allevati a scopo alimentare denunciando lo sfruttamento, i maltrattamenti e le violenze da parte di un’industria molto potente.

Sensibilizzare cittadini, aziende e istituzioni, però, non sempre è facile. Il nostro team non smetterà mai di battersi per dare voce agli animali coinvolti nell’industria alimentare, ma abbiamo bisogno anche del tuo aiuto!

Fermare lo sfruttamento degli animali allevati a scopo alimentare, vittime di gravi abusi come quelli raccontati da Innocenzi, è possibile a partire anche dalle scelte quotidiane che compiano come consumatori: smettere di finanziare l’industria della carne scegliendo un’alimentazione libera da prodotti di origine animale è un primo fondamentale passo per ridurre la sofferenza degli animali.


Le più lette