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Coraggio sotto copertura: un’intervista ad un investigatore di Animal Equality

Oggi vi faremo incontrare una persona normale, con tanti interessi come tutti, fra i quali l'interesse per gli animali. Tra le tante scene di maltrattamenti sugli animali a cui questa persona ha dovuto assistere per una serie di coincidenze lavorative, forse una in particolare ha smosso la sua coscienza: quella volta in cui vide un allevatore ammazzare dei maialini appena partoriti scaraventandoli con violenza al suolo. Ha cambiato diverse identità per ottenere materiale video sul processo che trasforma degli esseri senzienti in cibo ed ha ricevuto svariate minacce di morte, ma tutto questo non lo fermerà nel suo intento: mostrare al mondo cosa succede agli animali negli allevamenti e nei mattatoi.
Settembre 28, 2016 Aggiornato: Settembre 5, 2023

Lo chiameremo ‘Mario’, un nome chiaramente inventato per proteggere la sua identità ed il suo lavoro. Grazie a lui ed a tutti gli altri investigatori, oggi il mercato è sempre più consapevole di tutte quelle pratiche sistematicamente cruente che l’industria della carne tenta di nascondere entro le proprie mura. Eccovi quindi l’intervista ad una di quelle persone che ogni giorno, si assumono rischi personali per mostrare al mondo quello che, altrimenti, nessun altro vi mostrerebbe mai.

Cosa diresti a tutte quelle persone secondo le quali  filmare i maltrattamenti non contribuisce a fermare le violenze?

“Credo che queste persone persone vogliano vedere degli animali liberi di vivere la propria vita senza interferenze da parte dell’uomo, proprio come me. Tuttavia, spesso gli sfugge il beneficio a lungo termine che mostrare le crudeltà nascoste dietro le mura degli allevamenti comporta: quello che gli investigatori riescono a documentare con le proprie indagini influenza inevitabilmente la società e la spinge verso un modello di consumo più critico. Questo, sulla lunga distanza, farà la differenza per un notevole numero di animali. Ti faccio un esempio: ottenere l’immagine di un piccolo pollo che non riesce a raggiungere l’acqua, perché ha una struttura muscolare ed ossea che non regge i ritmi di crescita indotti negli allevamenti moderni, aiuta molte persone ad entrare in empatia con le vittime di questo sistema, scatenando nell’osservatore un meccanismo per cui inizierà a porsi domande sugli allevamenti intensivi.”

Come si passa dal mangiare carne al lavorare negli allevamenti intensivi per denunciarne gli abusi?

“Mangiare carne era parte della mia vita, ed è un’abitudine tuttora fortemente radicata nella nostra società: difficilmente ci si ferma però a pensare alla storia di quello che finisce nei nostri piatti. Personalmente, la mia vita fu stravolta 10 anni fa: la forza delle immagini che altri ricercatori avevano prodotto documentando la sofferenza degli animali negli allevamenti mi ha cambiato la vita per sempre.

La connessione emotiva e la compassione verso gli animali sono stati fulmini a ciel sereno. 

È stato in quel momento che ho capito che dovevo diventare un investigatore: formarmi ed ottenere immagini sugli abusi mi è sembrato il modo migliore per aiutare gli animali  negli allevamenti. Le immagini delle investigazioni infatti raccontano la storia dei prodotti che consumiamo e spesso conoscere questa storia innesca un meccanismo per cui si è portati a fare scelte più compassionevoli.”

Ieri abbiamo visto circolare un documento all’interno dell’industria della carne che spiegava ai responsabili del personale come riconoscere gli investigatori come te. Perché lo fanno?

“La crescita del movimento per la tutela degli animali è inarrestabile. Milioni di persone stanno sostituendo la carne compiendo scelte più compassionevoli. Sempre più persone vengono a conoscenza della crudeltà negli allevamenti intensivi grazie alle nostre investigazioni e questo ci ha reso in poco tempo una delle principali preoccupazioni per l’industria della carne. La crescente compassione ed empatia dei consumatori per tutti gli esseri viventi li preoccupa perché minaccia i loro profitti.

Se l’industria della carne venisse dipinta per quello che è realmente, ossia crudeltà e sofferenza, le loro entrate crollerebbero.

Un tempo bastavano le campagne di marketing che dipingevano animali felici sullo sfondo di paesaggi da cartolina. Ora che anche quel paradigma sta venendo scardinato, corrono ai ripari tentando di bloccare il lavoro di chi vuole mostrare al mondo le pratiche di quest’industria senza nessun tipo di filtro.”

Animal Equality ha utilizzato la realtà aumentata nelle campagne di sensibilizzazione o i droni in fase d’indagine: quanto è importante l’uso delle nuove tecnologie nel lavoro di un ricercatore?

“Utilizzare le nuove tecnologie è fondamentale per Animal Equality; attraverso questi nuovi strumenti riusciamo da un lato a raggiunge meglio il cuore di un numero di persone maggiore, e dall’altro riusciamo a rendere il nostro lavoro molto più efficace. Attraverso il nuovo progetto di realtà virtuale IAnimal ad esempio, lo spettatore è praticamente ‘teletrasportato‘ all’interno di allevamenti industriali e macelli. Vivere in prima persona la vita di un animale che nasce, vive e muore all’interno di un sistema produttivo così cruento è una cosa che ti lascerà un segno cuore come poche altre.”

Sei stato testimone in prima persona di abusi e maltrattamenti che molte persone non riescono nemmeno vedere da dietro ad uno schermo. Come riesce un amante degli animali come te a sopportare in prima persona tutta questa violenza?

“Non credo mi abituerò mai alle immagini che mi passano costantemente davanti agli occhi o agli obiettivi delle telecamere che nascondo. Ma sul momento, durante un’investigazione, devo riuscire a non farmi condizionare. Il che non è semplice di fronte a scene come quelle di piccoli maiali dallo sguardo supplichevole, di madri che ti guardano e ti chiedono aiuto con gli occhi colmi di tristezza, o di agnelli indifesi che belano disperatamente, disorientati, in un macello, alla ricerca della madre che hanno appena perso.

Mi porterò dentro per sempre queste immagini e non potrò mai dimenticarle. 

A volte ho gli incubi: ci vedo i miei compagni di vita, gli animali con cui vivo, accoltellati o trucidati. Ma il potenziale e l’impatto del mio lavoro, il vedere una società che sta cambiando ed il crescente interesse per la tutela degli animali, mi dà la forza di continuare con questa vita.”

Cosa consiglieresti ad una persona che vuole aiutare gli animali da allevamento? Quale pensi sia il modo migliore per farlo?

“Vuoi veramente aiutare gli animali che muoiono all’interno di allevamenti e macelli? Puoi fare in modo che tutto il dolore a cui assisto non sia vano: prendi in considerazione almeno una riduzione del tuo consumo di carne. Prova a pensare di sostituire carne, uova e latticini con alternativa più sane. Sono alternative buonissime, più rispettose del tuo corpo, della vita degli animali e dell’ambiente. E se puoi, sostieni il mio lavoro e quello di tutte le organizzazioni che, come Animal Equality, mettono a nudo quello che nessun altro vi mostrerà.”

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