Le bugie degli allevatori smascherate dalle nostre inchieste
Mercoledì 13 marzo, in prima serata, il nostro direttore esecutivo Matteo Cupi ha preso parte ad un dibattito su RAI2 in merito alle immagini realizzate dagli investigatori di Animal Equality.
Al dibattito hanno partecipato anche rappresentanti dell’industria e delle istituzioni, che purtroppo hanno negato l’evidenza delle nostre immagini, controbattendo con chiacchiere vaghe e spesso con vere e proprie bugie.
LE BUGIE DELL’INDUSTRIA
Come ci si poteva aspettare, la tesi dell’industria è sempre la stessa: si tratta di casi isolati, la maggior parte degli allevamenti rispetta le norme ed il benessere degli animali.
Ovviamente si tratta di una bugia bella e buona, facilmente smentita dai fatti: solo nel 2018, nel nostro paese, le organizzazioni per i diritti degli animali hanno rilasciato ben 19 differenti inchieste realizzate all’interno di strutture italiane, documentando con foto e video scene raccapriccianti sia dal punto di vista etico che dal punto di vista di sicurezza sanitaria del consumatore.
Guglielmo Golinelli – il rappresentante dell’industria della carne in studio – però si spinge oltre: “la carne è controllata, e se viene commercializzata è sana”, come se il telespettatore fosse così poco attento da non ricordarsi tutti casi in cui interi lotti di carne sono stati ritirati dal mercato DOPO essere stati messi in commercio. A volte anche dopo essere stati causa di problemi sanitari per i cittadini.
La posizione di Golinelli è chiara ed è lui stesso a ribadirla: “ricordiamoci che si chiamano animali da reddito e la finalità di un animale da reddito è quella di garantire un lavoro ed un posto di lavoro”.
L’animale visto dal suo punto di vista non è nient’altro che una merce, che nasce, vive e muore (spesso male, come documentano tutte le nostre inchieste) solo per garantire un reddito agli imprenditori come lui, che rappresenta per conto di Confagricoltura.
Insomma, il ragionamento sottinteso è che pur di guadagnare tutto diventa lecito.
Anche trattare gli animali in quel modo brutale mostrato durante la trasmissione su RAI2 attraverso i filmati di Animal Equality e quelli della LAV.
Oppure Golinelli intendeva che siccome l’industria zootecnica da lavoro a delle persone allora è lecito immettere sul mercato prodotti provenienti da allevamenti in cui le norme sono violate in toto, in maniera sistematica, a discapito della salute degli animali e della sicurezza dei consumatori?
LA POSIZIONE AMBIGUA DELLE ISTITUZIONI
Se la faziosità dell’industria potevamo aspettarcela, il comportamento di chi era in TV a rappresentare le istituzioni di garanzia e vigilanza è stato invece al di sotto di ogni tipo di aspettativa.
Una figura chiave per la tutela del consumatore come quella del Direttore Generale della Sanità Animale del Ministero Giulio Borrello dovrebbe essere una figura a tutela di tutti, non solo della categoria degli allevatori.
E invece cosi non è stato, anzi. Come avrai notato anche tu guardando la puntata ripresa nel video qui sopra, l’intero approccio omissivo e approssimativo del rappresentante del Ministero ci lascia con domande inquietanti sulla sicurezza alimentare in Italia, sulla tutela degli interessi dei cittadini italiani e degli animali, esseri senzienti e portatori di diritti – elemento chiave riconosciuto anche dal Trattato di Lisbona.
Solleviamo quindi delle domande, alle quali cerchiamo risposte e che rivolgiamo anche al Ministro della Salute Giulia Grillo.
1. QUANTI SONO I CONTROLLI E COME VENGONO VERIFICATI?
Borrello sostiene di aver già disposto controlli negli allevamenti di maiali mostrati dal Tg2, controlli effettuati da veterinari del servizio sanitario nazionale accompagnati dai Carabinieri del NAS.
Vogliamo però ricordare che solo pochi mesi fa, proprio con Piergiorgio Giacovazzo del Tg2, siamo entrati per la seconda volta in un allevamento di galline ovaiole in gabbia completamente infestato da acari rossi, pieno di cadaveri, sporcizia e topi morti.
Questo allevamento era già stato segnalato ai NAS nel 2017 e nel 2018, che hanno sempre sostenuto di non aver trovato nulla.
Com’è possibile che invece i nostri investigatori, con riprese tracciate e geolocalizzate e accompagnati anche da un giornalista RAI abbiano invece trovato una situazione gravissima? Come vengono effettuati questi controlli?
Riteniamo che non sia sufficiente aggrapparsi a spiegazioni approssimative di fronte a situazioni che mettono seriamente a rischio la salute pubblica e degli animali, che sia indice di poca responsabilità e serietà non fornire spiegazioni sufficienti e, anzi, sostenere in modo scorretto che si tratta solo di “casi isolati”.
Solo pochi giorni fa sono stati condannati due veterinari che lavoravano presso un macello Italcarni a Brescia proprio perché non controllavano gli abusi che venivano commessi regolarmente al suo interno.
Servono quindi delle spiegazioni, perché l’istituzione al servizio del cittadino – e che spende soldi pubblici – ha il dovere di agire e di dimostrare chiaramente di aver agito e controllato.
2. QUALE POSIZIONE HA IL MINISTERO SUL TEMA DELLE GABBIE?
Perché Borrello non ha detto nulla sul tema delle gabbie? Sia nel servizio sui maiali, sia nel servizio sulle galline emerge ancora una volta la terribile condizione delle gabbie, in cui sono rinchiusi più di 300 milioni di animali in tutta Europa.
Più di 140 organizzazioni chiedono l’eliminazione delle gabbie, con il sostegno dell’Intergruppo per i diritti animali del Parlamento e di decine di parlamentari europei, senza contare che lo stesso Ministro della Salute Giulia Grillo ha firmato la petizione per chiederne la cancellazione.
Perché di fronte alle immagini andate in onda ieri sera il rappresentante del Ministero non ha espresso queste problematiche?
Perché non ha specificato che anche l’Efsa – l’Autorità europea per la sicurezza alimentare – ha dichiarato in un parere molto recente che negli allevamenti in gabbia c’è un rischio maggiore che si sviluppi la salmonella, mettendo quindi a rischio la salute dei consumatori?
3. IN CHE MODO IL MINISTERO GARANTISCE LA TRASPARENZA NELL’UTILIZZO DEI SOLDI DEI CONTRIBUENTI?
Il settore degli allevamenti intensivi raccoglie miliardi di euro di sussidi a livello europeo, soldi dei contribuenti che vanno a sostenere un comparto che ad oggi conta migliaia di allevamenti e milioni di capi allevati, un comparto che causa inquinamento, sofferenze animali e mette a rischio la salute dei consumatori.
Perché non è stato spiegato nel dettaglio in che modo il Ministero sta lavorando con i veterinari pubblici per garantire i diritti dei consumatori e di chi invece sceglie di non consumare carne e derivati ma finanzia indirettamente questo sistema con le tasse?
Solo pochi giorni fa sono stati condannati due veterinari che lavoravano presso un macello Italcarni a Brescia proprio perché non controllavano gli abusi che venivano commessi regolarmente al suo interno.
Servono quindi delle spiegazioni, perché l’istituzione al servizio del cittadino – e che spende soldi pubblici – ha il dovere di agire e di dimostrare chiaramente di aver agito e controllato.