Anche in Brasile i macelli diventano focolai di Covid-19: 4mila i casi positivi. In Cina trovate tracce del virus sulle confezioni di pesce surgelato
Quanto c’entra l’industria della carne con la diffusione del Covid?
La risposta è “molto più di quanto ci aspetteremmo”: infatti non solo l’origine stessa del Covid sembra essere legata a doppio filo con il consumo di carne e i wet market, ma questa industria sta giocando un ruolo globale nella diffusione del virus che, tuttora, continua a circolare in maniera preoccupante soprattutto nei macelli.
Nuovi casi di Covid nei macelli del Brasile
Ma andiamo con ordine. L’ultima notizia preoccupante è che nello stato di Paranà, in Brasile, nello stabilimento di Toledo di BFR, il più grande produttore mondiale di polli, sono stati registrati oltre 1.100 casi di infezione da Covid-19.
Da solo, l’impianto di macellazione rappresenta circa un terzo di tutti i casi ufficiali derivanti dalla filiera della carne nel Paranà, ma si pensa che i numeri possano essere molto più elevati.
L’agenzia Reuters ha poi riferito che secondo le autorità locali, in tutto lo stato, finora ci sono già stati poco meno di 4mila casi nei macelli. I macelli e gli impianti di lavorazione delle carni si confermano ancora una volta quindi come possibili luoghi di infezione e di focolai di Covid-19.
Questo dello stato di Paranà è uno dei casi più gravi, dopo i molti registrati in diversi paesi tra i quali gli Stati Uniti, la Germania e anche l’Italia.
Non si tratta certo del primo caso, anzi, abbiamo spesso parlato nei mesi scorsi del dilagare dei contagi di Covid-19 nei macelli, prima negli Stati Uniti e poi della Germania, con il caso del macello dell’azienda Tönnies, il più grande d’Europa, costretto a fermare la produzione.
Neppure l’Italia è rimasta immune: appena poco più di un mese fa nella provincia di Mantova sono stati individuati diversi casi di Covid-19 tra i lavoratori dei macelli, soprattutto di suini, e dei salumifici. E poche settimane fa nella provincia di Treviso si è registrato un preoccupante numero di contagi nello stabilimento di proprietà di Aia di Vazzola.
Secondo gli esperti il virus sembra trovarsi a suo agio con le temperature fredde e con l’umidità tipiche degli ambienti dei macelli dove, inoltre, la rigida catena di montaggio – che permette di uccidere più animali nel minor tempo possibile – impone di lavorare spesso spalla a spalla con i colleghi, impedendo di fatto il mantenimento delle distanze di sicurezza.
Guarda l’intervista su Il Corriere della Sera TV al Direttore Internazionale delle Investigazioni di Animal Equality per capire perché il Covid si diffonde con facilità nei macelli:
Come arriva il virus sulle confezioni dei prodotti alimentari?
Un’altra notizia degli ultimi giorni – riportata da Reuters – è il ritrovamento in Cina del virus Sars-CoV-2 sulle confezioni di prodotti ittici surgelati importati e transitati da Dalian, una città portuale in Cina dove sembra essere in corso un innalzamento del numero di casi.
Secondo quanto dichiarato dalle autorità la situazione sarebbe sotto controllo: tutte le persone entrate in contatto con i prodotti contaminati sono stati messi in quarantena. Ma non è la prima volta che si sente parlare di presenza del virus sulle confezioni di prodotti animali: a luglio ad esempio, sempre nella città di Dallin, gli imballaggi di una partita di gamberetti surgelati provenienti dall’Ecuador erano risultati contaminati, e questo aveva portato a un blocco immediato delle importazioni dal paese sudamericano.
Non c’è stato nonostante tutto un riconoscimento da parte dell’OMS sulla possibilità di contrarre il virus a causa di prodotti alimentari.
“Non ci sono prove che il cibo o la catena alimentare partecipino alla trasmissione di questo virus. E le persone dovrebbero sentirsi a proprio agio e al sicuro”.
Mike Ryan, capo del programma di emergenza dell’OMS
L’origine del virus in un wet market, tutta colpa della carne?
Ancora non c’è certezza sulla provenienza del Covid-19, anche se uno dei principali sospettati rimane il wet market di Wuhan, famoso per il commercio di animali selvatici.
Questi mercati non regolamentati prendono il loro nome in parte dal sangue e dall’acqua che bagnano i pavimenti delle bancarelle con i resti di animali brutalmente uccisi sul posto per i clienti che desiderano carne “fresca”. Qui animali esotici e animali allevati a scopo alimentare sono ammassati in gabbie anguste e recinti non igienici, creando il terreno perfetto per la proliferazione di malattie zoonotiche.
È in questi mercati non regolamentati che hanno avuto origine malattie come la SARS e dove gli scienziati ritengono che anche il Covid-19 possa aver fatto il salto di specie: ovvero il passaggio da animale a uomo.
Guarda il video girato dai nostri investigatori nei wet market dell’asia:
Questi mercati sono un vero inferno per animali di tutte le specie, oltre che una minaccia gli ecosistemi e alla salute pubblica globale: per questo abbiamo lanciato una petizione internazionale per chiedere all’OMS di prendere dei provvedimenti in merito e di chiudere per sempre questi mercati. Aiutaci firmando anche tu la petizione
Ma non dobbiamo far ricadere tutta la colpa sui lontani mercati asiatici: la minaccia per la nostra salute non si limita solo a questi luoghi.
Secondo gli esperti, infatti, uno dei principali fattori di rischio epidemiologico è attualmente il sistema convenzionale di allevamento del bestiame. Particolarmente pericolosi a questo proposito sono gli allevamenti intensivi, dove viene confinata la stragrande maggioranza degli animali destinati al consumo umano.
Dall’articolo di Włodzimierz Gogłoza, pubblicato sul nostro sito in esclusiva per l’Italia.
Del resto, dei circa 1.400 agenti patogeni noti alla medicina moderna, più di 800 (~60%) sono derivati da animali. Quasi ogni anno vengono scoperti nuovi agenti patogeni di origine animale che rappresentano una grave minaccia per l’uomo. Le infezioni zoonotiche sono più spesso virali (meno spesso batteriche) e si verificano sia per contatto diretto con l’animale malato che per consumo della sua carne.
Come spiega un recente rapporto dell’OMS sui rischi di future pandemie, il virus Covid-19 è solo l’ultimo di una lista crescente di malattie, tra cui l’Ebola, il MERS e la febbre del Nilo occidentale, la cui diffusione dagli animali all’uomo è stata intensificata dalla pressione umana e dall’impatto sull’ambiente.
Oltre alle attuali vittime del coronavirus, circa due milioni di persone, soprattutto nei paesi a basso e medio reddito, muoiono ogni anno a causa di malattie di origine animale, una dato preoccupante che dovrebbe far riflettere ancora di più per mettere fine a tutto questo inutile e dannoso sfruttamento.
Ognuno di noi deve fare la sua parte: il nostro modello di consumi e il nostro stile alimentare hanno un impatto sul nostro pianeta, sugli ecosistemi, sull’ambiente e questo ci espone a rischi per la salute pubblica.
Solo cambiando il nostro rapporto con la natura e con gli animali possiamo pensare di prevenire futuri rischi per il nostro pianeta e la nostra salute.
Il cambiamento può partire da ognuno di noi, il primo passo per aiutarci a costruire un futuro migliore per gli animali, ma anche per le persone e per il pianeta, è scegliere una dieta a base vegetale, prova ora, visita Love Veg.