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Giornata mondiale degli oceani


Le principali minacce alla salute dei nostri mari: pesca e itticoltura

Giornata mondiale degli oceani: ogni anno, in questa data importante si cerca di aumentare la consapevolezza dell’importanza della conservazione dei nostri mari ed oceani, che ricoprono i due terzi del nostro Pianeta e che oggi più che mai hanno bisogno di essere protetti. Una cosa che fa riflettere, però, è che si parla troppo poco di tutela di oceani e di pesca e itticoltura

Questi due metodi di sfruttamento di animali e risorse naturali, in realtà, hanno molto a che fare con lo stato di (cattiva) salute degli oceani, come abbiamo avuto modo di raccontare e documentare noi di Animal Equality ed altre organizzazioni per la tutela degli animali e dell’ambiente, negli anni.

Il problema della pesca, tra sofferenza dei pesci ed overfishing

Ogni anno preleviamo dai nostri oceani tra le 90 e le 100 milioni di tonnellate di pesce. Se non invertiamo questa tendenza entro il 2048 nei mari e negli oceani potrebbero non esserci più tutte le specie marine che conosciamo. Il problema è la pesca: troppo sfruttamento che non lascia il tempo alle specie di “sostituire” gli individui pescati con nuovi nati e conduce progressivamente all’esaurimento delle specie.

La pesca intensiva è anche complice della dispersione della plastica nel mare: secondo un rapporto di Greenpeace del 2019 gli attrezzi da pesca che vengono persi o abbandonati costituiscono la maggior parte dell’inquinamento da plastica nel mare! Molto più di cannucce e bottigliette di plastica, quindi, sono le reti dei pescatori le colpevoli del grande inquinamento. 

Più di 640.000 tonnellate di reti, lenze, pentole e trappole utilizzate nella pesca commerciale vengono scaricate e gettate in mare ogni anno, lo stesso peso di 55.000 autobus a due piani.

Greenpeace report, 2019

Overfishing e inquinamento da plastica da soli basterebbero a far capire l’impatto drammatico della pesca sui nostri mari e oceani, ma il peggio deve ancora venire. A pagare il prezzo più alto di tutto questo, infatti, sono i pesci. Queste creature incredibili, troppo spesso considerate come poco intelligenti o incapaci di emozioni, sono vittime di torture atroci e condannate a subire terribili sofferenze. 

Guarda come muoiono i pesci nei mari italiani:

Animal Equality è riuscita ad introdursi su un peschereccio, filmando sotto copertura quello che avviene nel Mediterraneo, e documentando la condizione in cui si trovano questi piccoli animali, precocemente strappati al loro ambiente naturale, il mare. I pesci una volta strappati dall’acqua vengono lasciati a soffocare sulle barche. I pesci si dibattono, non respirano, agonizzano: non possono urlare, ma le loro bocche spalancate e vuote sono il segno della loro sofferenza. 

Alcuni pesci, poi, mentre ancora vivi, vengono riposti in ceste piene di ghiaccio e lasciati lì a morire di una lenta agonia. Non sono più fortunati i pesci più grossi, come i tonni o i pesci spada, che di solito vengono bastonati a morte. Questo comporta spesso che gli animali vengano feriti ma riprendano conoscenza, quindi questo doloroso processo viene ripetuto più volte come abbiamo documentato nella nostra investigazione a Carloforte, durante la mattanza dei tonni.

In questa occasione Animal Equality, attraverso un’attenta ed impegnativa indagine sotto copertura ha voluto riprendere e fotografare cosa accade durante questa crudele pratica che condanna a morte centinaia di animali. 

E proprio durante questa inchieste,  per la prima volta, furono effettuate riprese subacquee, guarda subito l’investigazione di Animal Equality a Carloforte:

Itticoltura, l’allevamento intensivo dei pesci

Gli allevamenti intensivi di pesci hanno le stesse logiche e problematiche degli allevamenti intensivi di bovini, maiali, galline, polli e tutti gli altri sfruttati dall’industria alimentare; in queste strutture i pesci vivono in vasche in terra o gabbie di rete in mare, in cui vengono fatti riprodurre e crescere. 

In ognuna di queste gabbie possono vivere fino a 300mila pesci, in condizioni che limitano i loro comportamenti naturali, come nuotare. Il sovraffollamento nelle vasche è quasi la norma: i pesci vivono in uno spazio vitale ridotto e, per via dello stress, spesso presentano comportamenti aggressivi che causano lesioni a loro e ai loro compagni. Il sovraffollamento causa anche una scarsa qualità dell’acqua, che spesso diventa torbida e sporca, rendendo più difficile la respirazione ai pesci e portando a una proliferazione di parassiti e batteri. 

Gli allevamenti ittici hanno anche un enorme impatto ambientale. Questi rilasciano nell’ambiente che li circonda enormi quantità di rifiuti: cibo, escrementi, batteri, antibiotici ed altri composti chimici come i disinfettanti. Questi rifiuti intossicano il mare, i terreni e di conseguenza la fauna e la flora che circonda gli impianti ittici, con gravi ripercussioni sull’ecosistema marino.

Recentemente l’associazione animalista italiana Essere Animali ha documentato le condizioni di vita dei pesci in alcuni allevamenti ittici in Grecia, paese da cui proviene più della metà delle orate e dei branzini venduti in Italia.

Non finisce qui! Cosa può esserci ancora? Un ulteriore problema per i pesci, ma anche per i mari e gli oceani del mondo è che negli allevamenti intensivi di pesci di specie carnivore (come ad esempio i salmoni) si utilizzano enormi quantità di “pesce da foraggio” e di farina e olio di pesce per l’alimentazione degli animali. La maggior parte delle specie ittiche allevate sono carnivore. Per produrre 1 kg di salmone allevato ci vogliono fino a 3 kg di pesci selvaggi.

Naturalmente questi pesci destinati a diventare “mangime” arrivano dalla pesca intensiva, e vanno quindi a incrementare l’effetto dannoso di questa pratica sugli ecosistemi marini, mettendo a rischio le riserve naturali di pesce.

Salvare i pesci per salvare gli oceani: tutto quello che possiamo fare

Quello descritto qui sopra è un vero e proprio ciclo distruttivo, da cui nessuno esce vincitore, ma per fortuna un rimedio c’è. Il primo colpo che possiamo dare, la prima azione concreta, è quella che tocca le scelte personali, piccole, semplici, ma rivoluzionarie.

L’importante infatti è non restare indifferenti di fronte a tutto questo, di fronte a mari che ormai sono rovinati da plastica e inquinamento e a tutte queste vite sprecate. Come cittadini e consumatori, possiamo fare scelte diverse, e la prima scelta è quella di cambiare alimentazione. 

Diminuire drasticamente i consumi di pesce o smettere di consumarlo in toto è un modo per agire in modo concreto semplice e veloce in favore di tutti i pesci, ma anche dei mari e degli oceani del mondo. Inizia subito: esistono numerose alternative che permettono di gustarsi un buon piatto al profumo di mare senza alimentare la pesca industriale o gli allevamenti di pesce, scoprile su Love Veg!


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