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Wuhan vieta temporaneamente il consumo di animali selvatici


La città di Wuhan, in Cina, ha ufficialmente vietato il consumo animali selvatici per cinque anni. Questa misura è stata presa come reazione all’epidemia di COVID-19, poiché sempre più esperti sospettano che la pandemia sia stata causata dal commercio e dal consumo illegale di animali selvatici. 

Non è ancora chiaro al 100% da dove sia partito il COVID-19, ma le autorità cinesi ipotizzano che il virus abbia avuto origine dal mercato del pesce di Wuhan, noto anche per il commercio di animali selvatici. Un avviso sul sito web del governo della città, pubblicato ieri, afferma che ora è proibito consumare, cacciare o allevare animali selvatici, compresi quelli terrestri e acquatici protetti e in via di estinzione. Le nuove regole, che vietano anche il commercio illegale di animali selvatici, saranno in vigore per cinque anni.

Si tratta di una notizia positiva che, unita alla recente notizia del divieto del consumo di carne di cani e gatti in tutta la Cina, mostra sicuramente un trend positivo nella direzione di una maggiore considerazione dei diritti e della salute degli animali.

Non possiamo che essere soddisfatti, ma è importante continuare a vigilare e documentare quanto accade, anche perché già nel 2003, quando scoppiò la SARS, vennero adottati divieti relativi ai wet market che furono però riaperti non appena attenzione ed emergenza calarono. 

Non è la prima volta

L’epidemia scatenata dal virus COVID-19 non è la prima correlata al commercio e al consumo di animali: l’influenza H1N1 (Influenza suina), la sindrome respiratoria del Medio Oriente (MERS) e la sindrome respiratoria acuta grave (SARS) sono altri tre esempi di virus che probabilmente si sono originati negli animali per poi passare all’uomo causando pericolose epidemie. Molti di questi focolai vengono ricondotti al commercio di animali nei wet market, che prendono il nome proprio dal sangue, dall’acqua e dalle viscere degli animali macellati sul posto che bagnano i pavimenti delle bancarelle. Animali di ogni tipo vengono confinati  in questi mercati all’aperto, costretti in piccole gabbie e recinti, e poi brutalmente uccisi per i clienti che desiderano “carne fresca”.

La campagna di Animal Equality per vietare i wet market

I wet market sono luoghi dove gli animali soffrono terribilmente, ma non solo, questi mercati  rappresentano anche un pericolo reale per la salute pubblica. Per questo in aprile abbiamo lanciato una campagna internazionale per chiedere alle Nazioni Unite di prendere posizione contro i Wet Market: la nostra petizione ha raccolto finora quasi mezzo milione di firme. La nostra investigazione in questi mercati, mostrava immagini raccolte in Vietnam, India e Cina, con anche riprese esclusive del mercato di Wuhan.

Guarda la nostra investigazione nei Wet Market asiatici:

Il commercio e il consumo di animali selvatici rappresentano una minaccia diretta per gli animali e, sulla base dei casi citati in precedenza, rappresentano anche un grave rischio per la salute pubblica. 

Un’industria da miliardi di dollari 

Secondo Nature, la sola industria cinese del commercio di animali selvatici impiega oltre 1 milione di persone ed è valutata a 7,1 miliardi di dollari. E l’industria dell’allevamento di animali selvatici, in generale, genera un giro d’affari da 74 miliardi di dollari, secondo l’Accademia cinese di ingegneria. La messa al bando del commercio e del consumo di animali selvatici dimostra che i rischi di questa industria sono certamente superiori ai presunti benefici economici. Come riportato dal Guardian, 20.000 allevamenti di animali selvatici sono stati chiusi, compresi quelli che allevano pavoni, gatti civetta, istrici e struzzi. 

Il rischio del consumo di carne: molto più di un virus

Le possibilità che si scateni una pandemia globale sono, in pura teoria, in percentuale relativamente basse, eppure la periodicità con cui queste epidemie – come la SARS e la MERS – si presentano sta diventando preoccupantemente più intensa. Ma questo non è l’unico aspetto che ci dovrebbe preoccupare, perché consumare prodotti di origine animale, carne, salumi, latticini e altri derivati espone ad altri rischi di salute pubblica niente affatto sottovalutabili e che possono avere conseguenze anche peggiori di quelli dell’attuale pandemia di COVID-19. 

Il fenomeno dell’antibiotico-resistenza ad esempio è stato definito dall’OMS (Organizzazione mondiale della sanità) “una delle maggiori minacce per la salute globale” nel futuro ed è strettamente legata al massiccio uso di antibiotici negli allevamenti intensivi, come abbiamo recentemente spiegato in un articolo; e ricordiamo che il nostro Paese, l’italia, è il terzo maggiore utilizzatore di antibiotici per gli animali da allevamento in Europa (dati EMEA, 2017).

Questo senza contare che il consumo di carni rosse e lavorate è già complice, insieme ad altri fattori di rischio e concause,  di un grosso problema di salute pubblica: i prodotti di origine animale infatti sono ricchi di colesterolo e grassi saturi, che sono noti per essere alcuni dei fattori e cause di malattie cardiache. Le malattie cardiovascolari rappresentano ancora la principale causa di morte nel nostro Paese, essendo responsabili del 35,8% di tutti i decessi e tra le principali cause di morbosità e invalidità in Italia secondo il Ministero della Salute. 

Proprio per questo, oltre a plaudire il divieto di Wuhan, , un primo segnale importante nella giusta direzione, è importante ragionare su come porre fine alla nostra dipendenza da tutti i prodotti animali. Come cerchiamo ogni giorno di dimostrare con le nostre indagini, gli animali vengono maltrattati ogni giorno e sono costretti a vivere in condizioni orribili. Ma non  solo, questo trattamento che riserviamo agli animali e alla natura è  un vero e proprio boomerang che si ripercuote su tutti noi in forme di problemi di salute pubblica, impatto sulla natura e cambiamento climatico. 

L’abbandono dei prodotti animali e l’adozione di una dieta 100% a base vegetale è l’opzione più sicura sia per l’uomo che per gli animali, scegli ora di cambiare!


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