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Il nostro sostegno ai giornalisti Rai attaccati dall’industria della carne

Aprile 23, 2020

Animal Equality Italia, CIWF Italia, ENPA, Essere Animali, Greenpeace Italia, Humane Society International Italia, LAV, Legambiente considerano inaccettabili e gravissime le accuse mosse verso i giornalisti attaccati dall’industria della carne. Nessuno può mettere a tacere la libera informazione, specialmente se è informazione di interesse per la salute di tutti

Abbiamo unito le forze con altre 8 organizzazioni nazionali che si occupano di diritti animali e abbiamo inviato una lettera aperta al Presidente e al Consiglio d’Amministrazione della Rai in sostegno ai giornalisti che, a causa delle loro inchieste, sono stati duramente attaccati dagli industriali della carne e della zootecnia nei giorni scorsi. 

Animal Equality Italia, CIWF Italia, ENPA, Essere Animali, Greenpeace Italia, Humane Society International Italia, LAV, Legambiente, firmatarie della lettera aperta, vogliono esprimere massima solidarietà a Sabrina Giannini, conduttrice di Indovina chi viene a cena, Mario Tozzi, conduttore di Sapiens, Luca Chianca e Sigfrido Ranucci di Report.

A loro va il nostro appoggio, così come a tutti i giornalisti che si occupano e si occuperanno di portare alla luce scomode verità, come l’impatto ambientale e il problema sanitario legato agli attuali consumi di carne e al metodo di allevamento intensivo. 

Alla Rai, servizio pubblico pagato da tutti i cittadini, rivolgiamo un ringraziamento per aver dato spazio a simili programmi di approfondimento e l’invito a non far influenzare palinsesto e contenuti da simili levate di scudi da parte di aziende e associazioni di categoria.

Cosa è successo

Sabato 28 marzo, la trasmissione Sapiens condotta su Rai 3 da Mario Tozzi ha mandato in onda il servizio “I divoratori del pianeta”, in cui si è parlato di come la produzione di carne su scala globale contribuisca a deforestazione, inquinamento, danni alle riserve idrogeologiche e ai terreni, oltre che alla perdita di interi habitat naturali che da sempre sono elemento fondamentale del nostro ecosistema.

Il giorno successivo, domenica 29 marzo e la settimana seguente nella giornata di  domenica 5 aprile, la trasmissione Indovina chi viene a cena condotta da Sabrina Giannini su Rai 3 ha diffuso un’inchiesta in cui sono state approfondite diverse tematiche oggi più che mai attuali. Si è parlato di come le conseguenze dell’impatto ambientale delle produzioni animali favoriscano la diffusione dei virus e di come l’enorme utilizzo di antibiotici somministrati agli animali negli allevamenti sia collegato all’antibiotico resistenza, ovvero la resistenza dei batteri agli antimicrobici conosciuti e utilizzati per combattere le infezioni anche negli esseri umani. Un fenomeno che ha gravi ripercussioni sulla salute pubblica e che in futuro diventerà sempre più grave per l’intera umanità.

Entrambi i giornalisti, per realizzare le rispettive inchieste, si sono basati su dati ufficiali e interviste a esperti e professionisti. D’altronde, a mettere in guardia su quanto deforestazione e allevamento intensivo abbiano reso negli anni più facile il passaggio di specie delle malattie, creando molte pericolose epidemie, sono istituzioni come Fao, Oms e anche Virginijus Sinkevičius, commissario per l’ambiente e gli oceani del la Commissione europea

Eppure, a pochi giorni dalla diffusione di questi servizi, Mario Tozzi e Sabrina Giannini sono stati accusati dalle organizzazioni di categoria che proteggono gli interessi dei produttori di carne, tra cui Assica, Assalzoo, Assocarni, Una Italia, Unica, Carni Sostenibili.

I conduttori sono stati accusati di condurre trasmissioni ‘spesso animate da personalistica volontà di propagandare un modello di vita alternativo a quello comunemente diffuso’ e di ‘saturare i telespettatori con informazioni imprecise, frammentate e non contestualizzate’.

A seguito di quella lettera Animal Equality aveva già espresso la sua solidarietà ad entrambi i conduttori, vista anche la particolare aggressività da parte dell’industria della carne che nella sua accusa scriveva: «È essenziale che la Rai, consapevole del fondamentale ruolo che il servizio pubblico riveste, in particolare in momenti come questo che stiamo vivendo, presti molta attenzione a quei messaggi che, privi di fondamento scientifico, puntano a destabilizzare ulteriormente il fragile equilibrio che regna all’interno delle famiglie italiane».

Parole gravissime, anche perché rivolte ai vertici Rai e al ministro delle Politiche agricole Teresa Bellanova con il chiaro intento di creare pressioni per influenzare i palinsesti televisivi e zittire giornalisti scomodi.

Pochi giorni dopo, anche Sigfrido Ranucci, conduttore di Report e il giornalista Luca Chianca sono stati attaccati da Coldiretti e Cia – Agricoltori Italiani, per il servizio andato in onda lunedì 13 aprile in cui è stato approfondito il tema dello smaltimento dei liquami animali, che producono grandi quantità di ammoniaca e nitrati contribuendo così  all’inquinamento atmosferico, soprattutto nella regione Lombardia, un fattore che sembrerebbe favorire  la diffusione dei virus e l’insorgere di malattie respiratorie.

Ma  non finisce qui: secondo Gian Marco Centinaio (ex Ministro dell’Agricoltura) e Giorgio Maria Bergesio, entrambi oggi senatori della Lega che siedono in  commissione di Vigilanza Rai, le trasmissioni di Report e Indovina chi viene a cena si adoperano per realizzare trasmissioni che ledono il made in Italy. Anche in questo caso i toni sono durissimi, ecco quanto affermano: «Abbiamo inviato un’interrogazione alla Rai perché chiarisca, con la massima urgenza, chi finanzia i giornalisti cosiddetti freelance, nella preparazione e nella produzione finale dei servizi giornalistici  trasmessi da programmi come Report o Indovina chi viene a cena – si legge nelle note predisposte dai senatori della Lega -. Appare dunque fondamentale comprendere se i cittadini italiani, attraverso il canone, siano chiamati al finanziamento di queste immancabili perle del giornalismo televisivo, che puntualmente ledono il made in Italy e contribuiscono al boicottaggio dei prodotti nazionali».

I due Senatori forse dimenticano che impedire a giornalisti del servizio pubblico di trattare qualunque tema che sia di interesse pubblico – come possono essere ad esempio le gravi conseguenze degli allevamenti intensivi  sull’ambiente in cui i cittadini vivono e sulla salute dei cittadini stessi – è contro al concetto di libertà di informazione.

La lettera aperta delle associazioni

Animal Equality Italia, CIWF Italia, ENPA, Essere Animali, Greenpeace Italia, Humane Society International Italia, LAV, Legambiente considerano inaccettabili queste accuse ed esprimono la loro solidarietà ai giornalisti attaccati dall’industria della carne. Ecco cosa abbiamo scritto nella lettera rivolta al Presidente e al Consiglio d’Amministrazione della Rai:

«Chiedere di far tacere dei giornalisti, o di impedire che trattino specifici argomenti, è inoltre contrario al concetto di libertà d’informazione, su cui è basata ogni vera democrazia».

Pretendere che informazioni di interesse per la salute di tutti siano tenute nascoste al pubblico è un fatto di una gravità inaudita. Equivale a difendere i propri interessi, a scapito di quelli della collettività e dell’umanità intera:

«Voler tenere nascoste tutte queste informazioni al pubblico è gravissimo: significa disinteressarsi della salute pubblica e di un problema globale che tutto il mondo sta vivendo con drammaticità e con un impatto sociale ed economico devastante, e che, se non risolto alla radice in tutte le problematiche correlate, si riproporrà di nuovo in futuro. Attaccare giornalisti che affrontano scomode verità, che non possiamo più permetterci di omettere dalla discussione, è solo un modo per difendere i propri interessi, a scapito di quelli della collettività e dell’umanità intera».

Per questo il nostro ringraziamento va ai giornalisti che continuano a lavorare per l’informazione pubblica e libera:

«Ringraziamo la Rai e i suoi giornalisti anche per aver dato più volte spazio alle inchieste delle orga- nizzazioni non profit, con immagini che mostrano un altro lato degli allevamenti intensivi. Questo sistema produttivo, spinto dall’eccessivo consumo di carne, è mirato alla crescita veloce, all’ottimiz- zazione di spazi e costi e all’abbassamento dei prezzi, e non tiene conto delle esigenze degli animali, provocando loro inevitabili sofferenze e del relativo impatto ambientale».

Un ringraziamento e una raccomandazione

«Alla dirigenza Rai, e ai direttori di tutte le testate giornalistiche, va anche l’invito a non far influenzare palinsesto e contenuti da simili levate di scudi da parte di aziende e associazioni di categoria…».

Mai come in questi momenti di incertezza ed instabilità è fondamentale poter contare sulla correttezza del servizio pubblico, senza paura che forze politiche o commerciali influenzino la libera informazione.

«E nel momento così difficile che stiamo vivendo, una vera e sana informazione è cruciale per tutta la nostra comunità».

Abbiamo tutti  bisogno di un’informazione libera e indipendente 

È chiaro che le aziende e le associazioni di categoria dell’industria di carne sanno che è importante tenere alta la fiducia dei consumatori, per questo mucche, maiali, polli, agnelli, pecore e gli altri animali coinvolti nelle filiere vengono rappresentati nelle pubblicità dell’industria felici e sereni.

In questo scenario idilliaco non c’è spazio per la verità, e cioè per le immagini  raccolte dagli investigatori di Animal Equality o dalle altre associazioni che vengono trasmesse in prima serata, mostrando le vere condizioni di vita degli animali e l’impatto che le strutture intensive hanno sull’ambiente, mettono a rischio la costruzione della loro immagine. Sono realtà troppo scomode per un’industria che invece le vuole solo condannare, additare come false o come rappresentazioni di casi isolati.

L’unica cosa che può fare l’industria della carne quando giornalisti qualificati presentano queste immagini accompagnate da dati precisi e puntuali in prima TV è alzare gli scudi e accusare chi ha svolto un lavoro di inchiesta di attaccare le eccellenze del Made in italy e minacciarne l’economia.

L’unica arma che abbiamo a disposizione per contrastare questo atteggiamento intimidatorio e spregiudicato è il lavoro investigativo, solo raccogliendo nuove immagini che mostrano la realtà possiamo continuare a portare alla luce cosa si nasconde dietro alle porte chiuse di allevamenti e macelli, perché senza il lavoro degli investigatori l’unica voce in campo sarebbe quella dell’industria e delle sue discutibili pubblicità

Noi siamo la voce fuori dal coro e vogliamo continuare ad esserlo:  supporta chi combatte ogni giorno in prima linea per gli animali.


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